"... ciò che era una volta"
Che cosa serve per fare un grande disco di Black Metal "vecchia maniera" nell'anno 2018?
La risposta potete trovarla all'interno dell'omonimo EP di debutto per il norvegese
Daagh: idee, cuore (nero) e poesia.
Si, avete letto bene,
poesia.
In questo album di cinque brani, prodotti dall'ottima
Wolfspell Records, etichetta polacca underground che in campo Black difficilmente sbaglia, la, presumo dalla copertina, one man band della terra dei fiordi sciorina tutto il meglio che si può chiedere ad un lavoro che non avrebbe affatto sfigurato tra i capolavori che, nei primi anni '90, uscivano dal Nord Europa e che, nonostante un suono "datato" risulta splendido anche oggi.
Immaginate un mix tra il Burzum atmosferico, il magnifico e mirato uso delle tastiere molto deve a Varg Vikernes, le gelide accelerazioni degli Immortal di "Pure Holocaust", aggiungete una serie di intuizioni in chiave melodica che trasudano vento e neve ad ogni accordo, clamorosi i passaggi in 4/4, ed una interpretazione vocale disperata ed oscura per avere uno spaccato di
"Daagh", un EP nettamente sopra la media delle uscite similari che si candida, prepotentemente, ad essere, fino ad ora, il miglior album di True Norwegian Black Metal, fa ancora un certo effetto scriverlo, uscito nell'anno in corso.
Certamente non stiamo parlando, mi sembra evidente, di qualcosa di innovativo o di mai sentito prima.
I modelli, come ricordavo, sono ben evidenti, così come la vena depressive che si respira qui e la non è certo una primizia,
MA la qualità dei pezzi, rigorosamente privi di titolo, non lascia spazio a nessun dubbio circa la bontà di una musica, ovviamente di nicchia (oggi più di ieri), che è ancora in grado di regalare emozioni e di fa scorrere brividi lungo la schiena come nessun altro genere musicale riesce a fare... almeno per me.
Mi capita sempre meno spesso di dirlo, tuttavia questo è il caso in cui la musica si sublima fino a diventare pura poesia.
Poesia del Nord, della passione, della notte e del gelo.
Io ho già ordinato il CD, fate altrettanto e lasciate perdere MP3, Spotify e puttanate di quel genere: l'arte deve essere gustata nella sua interezza.