Ricomparsi sulle scene lo scorso anno scolastico con la pubblicazione di uno split coi compagni di etichetta
Autopsy, la macchina da guerra scandinava dei
Bloodbath è tornata in piena attività con la pubblicazione di
“The arrow of satan is drawn”, quinto capitolo della loro discografia a quattro anni dall’uscita di
“Grand morbid funeral”.
La grande famiglia dei
Bloodbath si allarga ancora, vediamo infatti l’innesto alla chitarra del mastermind della black metal band
Craft,
Joakim Karlsson, al posto di
Per Eriksson che aveva ricoperto quel ruolo dal 2008, anno di pubblicazione dell’EP
“Unblessing the purity”, e per i due album successivi.
In questo album, confermatissimo dietro il microfono dopo l’esordio avvenuto in
“Grand morbid funeral”, troviamo ancora
Nick “Old Nick” Holmes, ed autore di una prova molto più convincente rispetto alla precedente.
Anche ad un ascolto distratto, è evidente che il cantante dei
Paradise Lost si trova molto più a suo agio rispetto a
“Gran morbid funeral” - forse perché molto più dentro le dinamiche interne della band? - fatto sta che il suo growl ben si amalgama alle atmosfere di
“The arrow of satan is drawn”.
Il disco in sé è meravigliosamente devastante, l’esaltazione del suono a motosega con gli HM2 portati molto vicino al punto di fusione. E non è una sensazione figlia di chissà quale nostalgia retrò,
“The arrow of satan is drawn” davvero non lascia un attimo di respiro, un disco dal sound pieno e potente con un
Martin Axenrot sugli scudi abilissimo nel districarsi fra velocissimi blast e d-beat.
L’opener
“Fleischmann” è il perfetto biglietto da visita del disco con la coppia
Nyström/Karlsson che gioca a massacrarci con mestiere i padiglioni auricolari; la successiva “
Bloodicide” – uno dei punti migliori di
“TAOSID” – è sostenuta da un d-beat martellante nel solco della migliore tradizione scandinava e vede dietro il microfono l’ospitata di tre mostri sacri del death britannico anni 90 ovvero
Karl Willets (Bolt Thrower), Jeff Walker (Carcass) e John Walker (Cancer).
“Waywar samaritan” corre a perdifiato forte di un riff dalla struttura semplice ma sgusciante, con la successiva “
Leviator” i ritmi invece si rallentano ma non per questo il sound si ammorbidisce – come passare da una motosega ai colpi cadenzati e precisi di una mannaia per intenderci.
“
Deeder” è un altro dei pezzi che preferisco di
“TAOSID” grazie ad un refrain incalzante molto accattivante che riporta direttamente agli anni 90, “
March of the crucifiers” mostra invece l’anima più oscura dei Bloodbath e che mi ha – chissà per quale meccanismo mentale – riportato alla mente il sound dei
Grave di qualche anno fa.
“Morbid antichrist” gioca molto su ritmiche molto piene - quasi grasse se mi si permette - che sfocia con un refrain in cui si impone il growl profondo di
Nick Holmes mentre la successiva
“Warhead ritual” è, de facto, una gloriosa autocelebrazione che rimanda ai primi lavori dei
Bloodbath.
Gli ultimi due episodi di
“TAOSID” –
“Only the dead survive” e
“Chainsaw lullaby” – declinano nuovamente verso il lato oscuro del quintetto, quest’ultima poi possiede un riff che richiama alla mente i
Darkthrone dei tempi che furono, e se ai più non fosse chiaro il tema trattato dal titolo ci pensa
“Old Nick” a spiegarcelo nel dettaglio:
“Carving, cleaving, chopping, cutting, ripping, slicing, laceration, Slashing, fucking, hacking, stabbing, piercing, scraping, mutilation”.
“
The arrow of satan is drawn” non cambierà il death metal, ma vale ogni centesimo dell’investimento fatto nell’acquisto, un ottimo biglietto da visita in attesta di vederli dal vivo il 6 dicembre nella data milanese dell’
European Apocalypse insieme a
Kreator, Dimmu Borgir e Hatebreed.