Clotho colum retinet, Lachesis net et Athropos occatMentre scorrono le acque del tempo donne fatali sussurrano parole ermetiche, celebrano arcani riti,
tessono e tramano il destino degli uomini...
Cloto, colei che fila lo stame della vita, Lachesi, colei che assegna la sorte e Atropo, l'inesorabile, colei che quel filo taglia.
Ce qui fut, ce qui est, ce qui sera, split album tra le band francesi
Malepeste e
Dysylumn, è un concept che ruota intorno alle figure delle tre Parche della mitologia classica.
Le due band, i cui tratti peculiari si fondono in un black metal di tipica derivazione francese, danno vita ad un'opera di grande valore, sia a livello concettuale che musicale. Dimostrando di aver ben più che la stessa nazionalità in comune
Malepeste e
Dysylumn plasmano due entità in relazione reciproca, complementari e opposte. Le loro proposte, in effetti, simili seppur diverse, si legano in un amalgama che è uno e bino. Il dualismo è un tratto distintivo di questo album dove le atmosfere, le tematiche, le sonorità si riflettono come in uno specchio, e gli echi dell'una e dell'altra band si fondono in una materia oscura di inquietante bellezza.
I quattro brani dei
Malepeste attraversano atmosfere grevi e tenebrose, si nutrono di dissonanze e oscurità. Avanzano lentamente, senza fretta. I riti richiedono il loro tempo. L'impronta di
Larsen alla voce, malefico celebrante che urla, che evoca ed invoca, è trascinante, un tetro Caronte che traina e tiene le fila di suoni liquefatti e disarmonici.
Un colpo di forbici, inaspettato, una netta cesura e si entra nella seconda parte dello split con i
Dysylumn.
Nona,
Decima e
Morte, i titoli dei brani, sono i nomi delle Parche nella tradizione romana.
Le atmosfere sono le stesse, non siamo andati lontano, siamo ancora immersi nello stesso denso e nero fluido. Il tempo accelera di un poco. Il suono pieno, corposo, si dilata ed avvolge in una dimensione sacra e fatale. Decima, un brano dall'incredibile fascino evocativo, ha un andamento sinuoso, sensuale, e racchiude effettivamente, come l'intero album, tutto ciò che viene definito ritualistic black metal.
Ce qui fu, ce qui est, ce qui sera si chiude con un epilogo che è una sorta di cerimonia, un rituale in cui il parlato al contrario sembra un invito a tornare indietro, guardare l'immagine riflessa nello specchio e ricominciare, in un ciclo senza fine. Ancora una volta emerge il dualismo dell'album.
Mentre il tempo passa, scorre, scandito dal battito inesorabile del fato.
Tutto è già stato scritto.
Lei che dì e notte fila... Non siamo noi a decidere.
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