Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:42 min.
Etichetta:Apathia Records

Tracklist

  1. RIFT
  2. FOOLED
  3. THIN ICE
  4. THE PATH
  5. BLACK CHEWING GUM (LIVE)
  6. SMOKING BLUFFER (LIVE)

Line up

  • Danilo Rodriguez: guitars
  • Alexandre Phalippon: bass
  • Rémi Matrat: sax
  • Josselin Hazard: drums

Voto medio utenti

Pubblicato dalla Apathia Records, Thin Ice è l'album d'esordio dei francesi DRH, band dedita alle sperimentazioni sonore sulla linea di un jazz metal acido e alienante.

Quattro brani con l'aggiunta di due pezzi live per una proposta indubbiamente molto interessante. I DRH dimostrano infatti grande dimistichezza e padronanza di strumenti e generi, passando agevolmente da partiture jazz a intermezzi malinconici, da momenti in cui viene dato maggior peso all'aggressività a sonorità più squisitamente anni '60-'70.
Tipico delle band che suonano forme di jazz metal o prog metal, c'è una tendenza a voler rompere gli schemi, smontare tutto e restituire la materia in forma spezzata, frantumata eppure funzionante. I brani mutano, cambiano ritmo senza requie, in modo fluido e continuo, riuscendo però a mantenere unita questa disunita materia musicale. Non è cosa da poco.
L'apertura di Thin Ice è diretta, quasi violenta. I DRH non chiedono permesso, vanno avanti per la loro strada. Ma dietro l'apparente insanità alle spalle di questa band emerge un importante bagaglio culturale, c'è sicuramente molto delle sperimentazioni dei King Crimson, in una chiave più moderna, c'è anche qualcosa dei Gordian Knot, sebbene non ne abbiano la grazia, c'è una buona dose di follia, c'è il coniglio bianco e c'è talento.
Non c'è spazio per la voce, è il sassofono, quasi un pifferaio magico che, a volte straziato, a volte distorto, guida e tiene le fila di tutti gli altri strumenti, esplorando varie dimensioni e disegnando incredibili volute.

Personalmente amo molto le proposte che osano e travalicano generi e etichette, l'evasione dai confini. Da sempre. Amo anche il jazz metal, ed amo molto il silenzio che segue l'ascolto di un album del genere. Sollecitati in tutti i modi i sensi, alla ricerca di un punto di riferimento per non perdere la stabilità, necessitano di quiete. Per questo nel finale stupisce, per non dire disturba, una sorta di breve traccia fantasma con canti popolari, in russo tedesco e francese. Si, tipo barzelletta.
Forse un messaggio per farci capire che i DRH non si prendono poi troppo sul serio, come sembrerebbe suggerire anche l'artwork, che pare uscito direttamente dalle mani del nostro Makkox.
Una figura onirica a cavallo di una sorta di maiale. Ma, a ben guardare, tutto è frammentato e spezzato. Eppur si muove. Come i DRH.

Recensione a cura di Burned_byFrost

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