Quello che i misteriosi belgi
Iteru mettono in musica sul loro esordio discografico è una lenta ed inesorabile discesa all'inferno.
I quattro lunghi brani che compongono
"Ars Moriendi" si muovono, inesorabili, tra funeral doom, atmosfere monastiche asfissianti, possente death metal che sembra calare dall'alto quasi a schiacciare il povero ascoltatore e una atmosfera che, più di una volta, strizza l'occhio al black metal tanto è vero che gli ultimi minuti dell'ultima, inquietante,
"To the Gravewarden" altro non sono se non un tuffo nelle tipiche sonorità della seconda ondata del metallo nero di scuola nordica.
Questo è un album che, con notevole forza evocativa, toglie il fiato, ti avvolge tutto intorno con il suo colore nero pece e da vita ad un senso di angoscia e paura esaltate sia dalle lancinanti chitarre che dalle melodie così lontane da qualunque fioco barlume di luce le quali, fuse con i tempi spesso molto lenti e deprimenti, contribuiscono a rendere l'ascoltato dell'album una esperienza quasi dolorosa ed assolutamente malata.
La musica degli
Iteru va gustata ovviamente di notte.
Di notte il suo sapore sarà ancora più amaro e sofferente.
Di notte il growl possente vi azzannerà, feroce, la gola.
Di notte, e solo al buio, avrete paura di un album che parla dell'arte di morire e lo fa in modo orrendamente perfetto con il suo suono metallico così stridente e carico di dolore.
"Ars Moriendi" è un album imperdibile se della musica amate il lato più sofferto e sofferente e se il fascino del male evocato da antichi culti misteriosi esercita su di voi una irresistibile attrazione.
Attrazione pericolosa e viscida.
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