Mannaggia come passa il tempo
Anneke: già venticinque anni di carriera alle spalle…
Perdonate l’
incipit oltremodo prosaico, ma attribuire un quarto di secolo alle incantevoli scorribande canore della
Van Giersbergen mi fa una qual certa impressione.
Al tempo stesso, tutto si può dire tranne che la Nostra sia rimasta con le mani in mano durante questo lasso di tempo: sembra davvero sconfinato l’elenco delle collaborazioni, dei progetti, dei
featuring, delle
release cui la cantante olandese ha preso parte, tanto da frustrare ogni velleità di progettare una retrospettiva organica.
Appare senza dubbio più semplice recuperare alcuni estratti qua e là, cucir loro addosso una nuova veste sonora e confezionare un bel
live album dagli intenti celebrativi.
Il nuovo “
Symphonized” trae grossomodo linfa da simili premesse: come lo stesso titolo suggerisce, alcuni dei brani più rappresentativi della carriera di
Anneke –oltre ad alcune chicche e ripescaggi “esterni”- sono stati riarrangiati in chiave sinfonica ed eseguiti lo scorso maggio, in madrepatria, con l’aiuto della
Residentie Orkest The Hague.
Forse il termine “aiuto” è sin troppo blando, posto che, a differenza del solito, trito e ritrito accompagnamento dell’orchestra agli strumenti
rock tradizionali, in questa sede gli strumenti classici fungono da unico complemento agli angelici vocalizzi di
Anneke.
La scelta, a conti fatti, paga i dividendi sperati: da un lato dona alle composizioni un diverso respiro, e dall’altro, complice la salvifica sobrietà dimostrata dagli arrangiatori
Marijn van Prooijen e
Gijs Kramers, evita a “
Symphonized” il pomposo aspetto di una
rock opera magniloquente e vanagloriosa.
Meglio così: sarebbe stato imperdonabile coprire una voce delicatissima (
Christian De Sica cit.), speziata ed evocativa come quella della
Van Giersbergen con strati di inessenziali orchestrazioni ed ampollosi orpelli sonori.
Pezzi come “
Freedom – Rio” o “
Forgotten”, ad esempio, si giovano non poco del calibro misurato ed intimista degli arrangiamenti, tanto da farsi quasi preferire alle versioni originali (rispettivamente ascrivibili a
VUUR e
The Gathering).
Altrove le cose non funzionano altrettanto bene: penso a “
You Will Never Change”, dal piglio sin troppo roboante, alla sonnolenta rielaborazione di “
Travel” o, ancora, al manieristico accompagnamento strumentale di “
When I Am Laid In Earth” (peccato, perché vocalmente si lambiscono livelli sublimi).
Si discute comunque di inezie, che in alcun modo inficiano la resa generale né guastano il buon sapore del
live album.
Ci penserà in ogni caso la conclusiva “
Shores of India”, prezioso estratto del progetto
The Gentle Storm, a lasciare l’ascoltatore con una deliziosa nota di appagamento finale.
Brava
Anneke: se mai ce ne fosse stato bisogno, “
Symphonized” funge da ennesima dimostrazione di quanto uniche ed inestimabili siano le tue corde vocali.
Venticinque anni da incorniciare.