La cafonaggine e l'ignoranza (da leggersi in chiave positiva) dei
Carcharodon è davvero irresistibile, d'altronde a un gruppo che decide di intitolare un album
"Bukkraken" come si fa a non volere almeno un po' bene? In giro dal lontano 2004 e con vari demo, EP, split e full-length alle spalle, il trio ligure con il loro terzo album sulla lunga distanza ci da in pasto una sana dose di "macho metal", come amano definirsi, ovvero un calderone immondo in cui confluiscono il savoir faire dell'hardcore più grezzo, l'irruenza dei
Motorhead, il lerciume degli
Eyehategod, una certa dose di blues distorto e l'unto tipico della focaccia genovese: il risultato è un cocktail esplosivo, non adatto ai fini esteti della musica che potrebbero rimanere urtati nella loro sensibilità da pezzi come "U-666", "Zebra Coat Zebra Head", "Nuclear Piss" o la massiccia e punkeggiante "Reptile Gauchos", roba da gustarsi con indosso solamente la canotta bianca d'ordinanza macchiata di sugo e sbocco. Chitarre graffianti, riff diretti e ficcanti, talvolta melmosi e carichi di groove e una voce che puzza di birra e sigarette anche attraverso le casse dello stereo sono l'arma vincente dei Carcharodon, che con "Bukkraken" riescono a regalarci un disco davvero molto divertente e ispirato. Nove canzoni che sono nove cazzotti in faccia, trasudanti arroganza, sudore, ironia, divertimento e la sana sfacciataggine di chi a quindici anni da quando ha iniziato si diverte ancora a suonare la propria musica, schiacchiando a fondo sul pedale dell'ignoranza.
Se amate il metal più genuino e senza fronzoli, sporcato dalle sue derive più fangose, i Carcharodon fanno al caso vostro, così come "Bukkraken". Ma attenti agli effetti collaterali: a me dopo l'ascolto hanno revocato la licenza media.
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