Può un disco black metal o blackgaze o atmospheric black essere definito "spirituale"? Non ho idea se il termine sia il più idoneo per inquadrare "
Mother Culture", il debut album dei norvegesi
Avast pubblicato da
Dark Essence Records, ma confesso di non aver saputo trovare un sostantivo migliore.
Il quartetto di Stavanger (cittadina che ha visto nascere anche i Gehenna) sceglie di ispirarsi al libro "
Ishmael" del filosofo americano Daniel Quinn -scomparso proprio quest'anno- per realizzare il proprio primo lavoro sulla lunga distanza.
L'idea alla base del libro e del disco è il racconto, apocalittico per certi versi, della nascita e del progressivo degrado della nostra civiltà e di come abbia via via sfruttato sino all'esaurimento le risorse del pianeta sino ad arrivare sul ciglio della catastrofe.
Vi è una visione del genere umano in cui sopravvivono due forme di cultura: quella del "Prendi" che vive il mondo come un'immenso supermercato da cui afferrare ciò che più aggrada, e l'antitetica del "Lascia" la quale comprende che l'uomo sia solo una parte del tutto e non il suo dominatore.
Non sono propriamente tematiche care alla fiamma nera ma gli
Avast riescono a infondere una miscela violenta, nichilista, suggestiva e quasi catartica nel corpo di tali concetti tale da creare un disco magnifico e nerissimo.
Le parti più prettamente black -come nell'opener "
Mother Culture"- con le loro parti vocali ferine e malvagie richiamano alcuni lavori dei
Darkthrone, sottolineate da un lavoro di chitarra ossessivo e glaciale e da un drumming selvaggio; di fondo però aleggia sempre una costante melodia oscura e disperata che via via diviene più evidente con l'inserimento di partiture elettroniche e interludi acustici.
Nella strumentale "
The Myth" fanno capolino le sonorità siderali degli
Unreqvited mentre nelle trame più post metal della lenta ed ipnotica "
An Earnest Desire" -che improvvisamente sublimano in un esaltante finale blackgaze- emergono pennellate alla
Deafhaven.
Interessante anche la contrapposizione filosofica di cui accennavamo all'inizio nelle due tracce "
The World belongs to Man" (Prendi) e "
Man Belongs to the World" (Lascia) che, attraverso continue alternanze tra accelerazioni sulfuree e brutali e improvvise aperture rockeggianti, prende vita in tutta la sua evidente inconciliabile differenza.
"
Mother Culture" è un disco drammatico, violento e quasi crudele nella sua nera poetica di fondo: riflettere sugli argomenti che propone ascoltandolo è gettare uno sguardo sull'abisso verso cui l'umanità sta correndo.
Forse - grazie agli
Avast- qualcuno inizierà a considerare il proprio ruolo in questo mondo in modo diverso: non è una forma di spiritualità questa?
Avast - "
Mother Culture"(full album"
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