Sospinta da inquietanti refoli di vento una nave avanza lentamente in un mare oscuro... il cordame si tende mentre la carena cigola sofferente.
È questo lo scenario in cui si apre
Funeral Seas, secondo full-length per la formazione tedesca
Kalmen.
Muovendosi attraverso i sentieri di un doom psichedelico che si proietta nel black metal la band realizza un album pesante, di non immediata fruizione, gravato da inquietudini e dissonanze. Un lavoro altresì decisamente interessante e meritevole di attenzione.
Tempi rallentati, sonorità molto cupe, accordi disarmonici che si dilatano in una dimensione liquida e paesaggi riarsi mutuati dallo stoner doom. Sono questi gli elementi caratteristici dell'album che si riversano in un ambiente orrido dal quale si fa fatica a trovare una via di fuga. L'ascolto dell'album immerge effettivamente in una spirale di fango e angoscia che stringe in una morsa sempre più serrata.
L'impatto iniziale è significativo, con i suoi oltre dieci minuti di durata
Spectral è un viaggio nella più cupa disperazione. Il successivo
Thieving Sky si concede anche delle rapide accellerate, ma le soluzioni più interessanti emergono nella parte finale del brano dove una voce oscura e malefica evoca paesaggi sonori funesti e rovinosi.
Portal, il pezzo in cui si delinea maggiormente la componente psichedelica della band, procede in una spirale che ha un fascino sensuale e malvagio, con il potere di risucchiare in un baratro di acque dense e vorticose che richiamano l'immagine della copertina. Artwork che trovo personalmente molto ben riuscito con onde concentriche di una mareggiata schiumosa, quasi un invito a guardare dentro, dentro l'abisso, dentro l'abisso che si cela in ciascuno di noi.
Degna di nota anche
Swansong, brano molto particolare, in cui le sue componenti seguono percorsi diversi, si mescolano, lasciano interdetti, eppure trovano un senso e una direzione.
Arcane Heresies reitera in modo ossessivo un riff che improgiona in volute dolorose, un brano che ha qualcosa di ritualistico e psichedelico, e non dubito che questo pezzo in particolare possa avere una grande resa in sede live.
Si approda infine in
Searenade, brano che sembra concedere un'apparente apertura atmosferica, ma non illudetevi, è solo uno spiraglio che si apre per guardare l'abisso. Ipnotica, oscura, arriva in fine a lambire sonorità stoner... affascina, è vero, ma non è una serenata, è qualcosa di più vicino al pericoloso canto delle sirene.
I pezzi, ampi, corposi, densi, non rendono l'ascolto facile, bisogna aver voglia di immergersi in questa marea nera, ma l'album è certamente un lavoro molto valido. Sicuramente consigliato per chi ama questo tipo di sonorità.
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