Non so voi, ma personalmente non ho mai subìto il fascino delle cosiddette superband nè sono mai stato attirato come le api con il miele da questo tipo di mosse, che molto spesso si sono rivelate solamente una maniera per spillare soldi ai fan più entusiasti. Perchè questa premessa? Perchè i
Coffin Birth potrebbero rientrare a pieno titolo nella categoria delle superband, dal momento che la lineup raccoglie alcuni dei musicisti estremi più validi e talentuosi che la scena italiana abbia mai partorito: a
Giulio Moschini,
Francesco Paoli,
Davide Billia e
Marco Mastrobuono noti perlopiù per il loro lavoro con
Hour Of Penance e
Fleshgod Apocalypse si aggiunge infatti il cantante dei
Beheaded Frank Calleja, i quali sotto il monicker di Coffin Birth danno alle stampe il loro primogenito
"The Serpent Insignia": visti i trascorsi dei vari musicisti coinvolti, era lecito attendersi un sound vicino alle derive più estreme del metal, ed infatti i nostri ci propongono una scarica di death metal che appare comunque lontano dalle rispettive band madri, meno brutale e che strizza l'occhio alla scena svedese di primi anni Novanta e da cui solchi emerge prepotente l'influenza di Bloodbath, Entombed e Dismember. E quindi via con chitarre dal suono a motosega, brani diretti e senza troppi fronzoli e con una venature vagamente punkeggiante che non guasta mai (vedasi "The Red Sky Season" o "Christ Infection Jesus Disease"), tra tupa tupa, un po' di d-beat e rallentamenti da spezzare il collo. Peccato però che "The Serpent Insignia" al di là dell'impatto sonoro lasci ben poco di sè terminato l'ascolto, nonostante una lineup di indiscutibile spessore ed abilità tecnico-compositiva, a causa di brani che si tengono diligentemente all'interno degli schemi convenuti del death metal old school ma che non riescono a colpire come si deve l'ascoltatore. L'impressione che si ha ascoltando il disco è quella che i Coffin Birth siano un progetto parallelo senza troppe pretese in cui i musicisti si divertono a pagare il loro personale tributo ad un certo tipo di sound che certamente ha avuto una grossa influenza sulla loro formazione musicale, ma senza dare la sensazione di voler fare davvero sul serio. E dire che di potenziale ce ne sarebbe a bizzeffe, ma al termine dell'ascolto di "The Serpent Insignia" rimane l'impalpabile sensazione di un'occasione sprecata.
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