Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:57 min.
Etichetta:Firebox
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. THE FRESCO
  2. MORNING WORKS
  3. BUT THE GHOSTS HERE
  4. IN THE SILENCE OF THE SAND
  5. OFF THE MAP, UNDER THE SUN
  6. RECEIVER
  7. THE OTHER ROOM
  8. ORDEAL
  9. QUIET CITIZEN
  10. COLD JAVA
  11. DISCIPLINE AND PUNISH
  12. THE END OF HARVEST

Line up

  • Tuomas Tuominen: vocals
  • Jussi Hänninen: guitars, additional keyboards
  • Kaj Gustafsson: guitars
  • Petri Hannuniemi: keyboards
  • Miska Lehtivuori: bass
  • Matias Aaltonen: drums

Voto medio utenti

Intrigante nuovo step evolutivo per i finlandesi Fall Of The Leafe, che personalmente avevo scoperto con l'ottimo "Fermina" (in realtà loro terzo album), continuato ad apprezzare con "Volvere" e che con questo quinto platter denominato "Vantage" accentuano la componente goth/wave e contemporaneamente focalizzano il loro suono su temi più propriamente rock-eggianti, ad aumentare ulteriormente quella capacità di coinvolgimento veramente rara già apprezzabile nei precedenti lavori.
Accenni di Paradise Lost e Amorphis continuano ad essere rintracciabili nelle sonorità dei nostri finnici, ma oggi The Mission e Fields Of The Nephilin incrementano quella presenza in passato meno imponente (ma basta pensare ad un brano come "Chameleon loop" per rendersi conto che "l'oscurità britannica" si era già rivelata come una splendida sirena ammaliatrice per i FOTL), accompagnati da un certo gusto riconducibile a quel rock chitarristico dotato d'importante valenza "commerciale" (a volte mi sono addirittura venute in mente vaghi barlumi dei migliori Heroes Del Silencio!) e da qualche flebile contaminazione grunge.
Il singer Tuomas Tuominen si conferma una delle voci migliori di questo genere, per espressività e versatilità, ed oggi appare come una straordinaria miscela di Wayne Hussey, Nick Holmes, Pasi Koskinen e Eddie Vedder, con qualche sfumatura di Hatfield-iana memoria, dando vita ad una prestazione complessiva assolutamente da incorniciare.
Il disco è semplicemente molto bello, "ruffiano" senza forzature e con quel pizzico di "modernità" assai piacevole, trascinante, melodicamente irresistibile, attraversato da quella languidezza "gotica" che avvolge e conquista irrimediabilmente, oltre che dotato di quella appropriata dose di fisicità e fantasia compositiva tale da evitare rischi di melensaggine o eccessiva linearità.
"Vantage" riesce, quindi, ad andare oltre quell'infatuazione superficiale (e spesso solamente temporanea) che talvolta è parte integrante di questo stile musicale e si dimostra capace di sostenere sessioni ripetute d'ascolto senza che l'insorgere di quel fastidioso senso di "noia" ne svaluti irrimediabilmente l'efficacia e anzi direi che grazie a questa serie di composizioni che proprio non vogliono saperne di uscire dalla testa si è continuamente stimolati ad una nuova audizione.
I primi tre pezzi del disco sono veramente avvincenti con la loro preziosa sintesi tra chitarre e tastiere seducenti e melodie vocali enfatiche ed iridescenti (ottima l'incisività di "The fresco", gli arpeggi suadenti di "Morning works", l'intensità di "But the ghosts here"), un piccolo cambio d'atmosfera con la veemente drammaticità di "In the silence of the sand" e poi ancora il "dark-rock number" di valore "Off the map, under the sun", l'incalzante e mutevole "Receiver", l'umorale "The other room" (i Midnight Oil che incontrano i Pearl Jam e i Metallica ad un "depressive party"), la delizia "The end of harvest", gli accenni folk di "Cold java" e lo strumentale (di un tipo che potrebbe piacere anche a Robert Smith) "Discipline and punish", che sanno colpire nel segno in un modo talmente accurato da non poter sfuggire alla loro forza di persuasione.
A differenza di quanto normalmente accade in natura, la caduta di questa foglia non è lieve e silenziosa ma crea un piccolo vero "boato" nella "selva" dell'attuale scena musicale d'estrazione "gothic", dove standardizzazione e appiattimento sono ormai all'ordine del giorno.
I Fall Of The Leafe tentano in qualche modo, minimamente magari, di differenziarsi e dimostrano in ogni modo di sapere creare eccellenti canzoni andando a toccare i gangli giusti degli ascoltatori, per merito essenziale di un dono chiamato "intelligenza", una qualità decisamente meno diffusa di quanto ci sarebbe bisogno.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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