Copertina 7

Info

Anno di uscita:2018
Durata:37 min.
Etichetta:MDD Records

Tracklist

  1. INCOMING
  2. TORN
  3. RESURRECTION
  4. YOU FAILED
  5. RELEASE THE KRAKEN
  6. ASSERT A CLAIM
  7. PRIVATE HELL
  8. COLLAPSE

Line up

  • Tobias Roick: vocals
  • Christopher Szechowski: guitar
  • Tim Sauer: guitar
  • Thomas Lösch: bass
  • Silas Schue: drums

Voto medio utenti

Secondo lavoro per gli One Last Legacy, tedeschi di nascita, ma americani per convenzione, nell’estetica e soprattutto nel sound. Partendo dal classico metalcore moderno, fatto di intrecci di schitarrate energiche, melodie progressive e vocalizzi alternati tra il pulito orecchiabile e lo scream furioso, il quintetto sceglie di amalgamare il tutto con influenze molto più prossime al death melodico di buona scuola svedese, anche se piuttosto aggiornato e colorito, un po’ come gli ultimi At The Gates ed In Flames, tanto per intenderci. Ovvio che in questo secondo full lenght non si respira propriamente il melodic death tanto caro alle generazioni più vecchie, e bisogna ammettere che gli ultimi lavori delle leggende di Gotheborg citate poco prima, con relativi effetti su tutta la scena mondiale, sono tutt’altro che entusiasmanti, ma i One Last Legacy hanno un certo talento compositivo e l’album risulta piacevole nella sua essenza. Il duo Roick/Szcechowski (voce e chitarra) confezionano delle canzoni piacevoli, erigendo un ponte perfettamente bilanciato tra l’estremismo deathcore e le melodie moderne di chiaro stampo statunitense (primi Machine Head, Five Finger Death Punch, ecc.). Alcuni episodi sono davvero notevoli: “Resurrection” è irresistibile nel ritornello, affidato tutto alla potente e versatile voce di Roick, mentre in “Release the Kraken” o “You Failed” il gruppo schiaccia l’acceleratore, e non fa mancare la voglia di sfogarsi in qualche headbanging. Non manca la ballad radiofonica, “Private Hell”, davvero impensabile in Europa, riconducibile solo alle radio a stelle e strisce, ma ad ogni modo un gioiello in un dischetto che non ha cali di tensione.

In sostanza “II” è un buon lavoro, abbastanza maturo da guadagnarsi il suo rispettivo pubblico (probabilmente più giovanile), dimostrando anche una certa profondità intellettuale a livello di songwriting, superiore a molti colleghi d’oltreoceano. Ovvio che non si urla al miracolo, ma si ha davvero l’aria che un gruppo simile, tra le nuove leve, abbia almeno più personalità e classe. Consigliato però a solo chi non ha davvero pregiudizi per il metalcore. Non ci sono però né le frangette e i tatuaggi alla Fedez dei Suicide Silence, né le tette delle Butcher Babies: bisogna accontentarsi solo di buona musica. E chi lo fa potrebbe scoprire un buon ensamble nell’universo confusionario odierno.
Recensione a cura di Max Firinu

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