Diciamolo subito … da ardente estimatore di White Sister, Giuffria, Angel, Touch e Legs Diamond adoro i
White Widdow e la loro miscela di
AOR copiosamente irrorata dalle tastiere, una formula espositiva molto collaudata che rimanda direttamente proprio ai suddetti maestri del cosiddetto
pomp rock.
Dall’altra parte, rivestendo altresì l’impegnativo ruolo di “critico” della gloria, devo ammettere che gli australiani, oltre a non essere soverchiamente originali, sono stati alla lunga anche un po’ monocordi nel loro
songwriting.
In questo “
Victory”, quinto albo di una carriera discografica piuttosto regolare, le cose non cambiano in maniera sostanziale, ma ciò non toglie che la prova dei nostri continui ad essere coinvolgente e appagante.
Una certa freschezza espressiva e una spiccata vocazione al genere rendono dunque l’opera un ascolto alquanto appassionante, in cui l’esplicita dipendenza stilistica non intacca l’effetto euforizzante, instaurato fin dal primo frammento sonoro, una
title-track di grande suggestione emotiva edificata su imponenti ondate tastieristiche, su un ritornello contagioso e su una linea melodica sopraffina.
Le atmosfere suadenti e vellutate di “
Fight for love” e “
Danced in the moonlight” aggiungono la nobile effige dei Foreigner all’elenco dei modelli facilmente identificabili e tuttavia nell’operazione non c’è l’ombra di molesta soggezione, allo stesso modo in cui “
Second hand heart” richiama alla memoria Survivor, Starship e qualcosa di
Rick Springfield.
Si continua con l’
appeal vagamente Toto-
esque di “
Late night liason”, la spigliata eleganza di “
Love and hate” consente di evidenziare l’ottimo cesello chitarristico di
Enzo Almanzi, mentre nella
poppettosa “
Reach up” è
Xavier Millis a tornare a essere il protagonista della situazione, concedendosi addirittura un fugace assolo.
La ballata pianistica “
Anything”, pur gradevole, “galleggia” sui sensi, e se “
America” sembra veramente un gioioso inno (con tenui bagliori dei Van Halen di “
Jump” nell’impasto armonico …) alla nazione che ha fornito ai
White Widdow la prospera fonte ispirativa, “
Run and hide” è il vigoroso epilogo di un programma adatto anche ai palati esigenti, che, sono sicuro, apprezzeranno l’estrema competenza di un lotto di belle canzoni, molto prossime a far scoccare la scintilla “definitiva” nel loro avido apparato
cardio-uditivo.
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