A distanza di sette anni da quando recensii il loro primo lavoro
“Xes and strokes” ritornano fra le mie mani i grinder norvegesi
Beaten to Death con il loro nuovo album “
Agronomicon”.
Registrato in presa diretta come se si fosse in sede live, “
Agronomicon” è un paniere in cui confluiscono tanti elementi eterogeni – non ultima una anima melodica, elemento spesso assente in tanti band appartenenti a questa frangia musicale – rielaborati, frullati e serviti in maniera decisamente originale.
Salata subito all’occhio di avere a che fare con un grindcore ragionato, lontano dalla mera accozzaglia di banalità che spesso ci viene propinata come “musica per pochi”. Nei
Beaten to Death emerge una chiara abilità strumentale – il batterista è anche membro dei blackster
Tsjuder – una costruzione ragionata a tavolino a cui si unisce una iniezione di ironia nello stilare i testi (v.
“Grind Korn”, “Boy George Michael Bolton”, “Extremely run to the hills”) e un prendersi non troppo sul serio.
Diversamente da quello che ci si può attendere, non siamo sottoposti ad una terapia a base di martello pneumatico, o al classico, indistinguibile muro sonoro. Il cantato screaming/growl del singer
Anders dona varietà ai brani, sono perfettamente distinguibili le linee di basso create da
Mika (incredibile!!!!) e i due chitarristi riescono a collaborare senza pestarsi i piedi.
“
Agronomicon” è davvero un lavoro grindcore che ha qualcosa di diverso dagli altri, pervaso da un senso di salutare irriverenza, scanzonato quanto basta per mettere in un angolo chi gioca a fare il più trucido della compagnia.
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