Ritorno sulle scene per i norvegesi Bloodthorn, assenti sul mercato discografico da ben 5 anni; infatti l'ultima loro fatica , " Under The Reign Of Terror ", risale a 2001. Con questo nuovo lavoro, il quarto se non contiamo anche lo split con gli ...And Oceans del 1998, il quartetto guidato dal vocalist Krell, festeggia il primo decennale di vita della band. Diciamo subito, per la gioia degli astanti, che la festa è assai ben riuscita. Lasciate da parte le " sperimentazioni " delle precedenti releases, ossia vocals femminili ed inserti sinfonici, il gruppo confeziona un platter devoto alla violenza più pura, senza concedere un attimo di respiro, grazie a 9 brani marchiati a fuoco con un death metal, a tratti quasi brutal, veramente convincente. Questo " Genocide " rappresenta anche il debutto discografico per Ihizahg, chitarrista con trascorsi nei Perished e nei Wurdulak, oltre ad essere stato anche il live guitarist per i MayheM, comunque già da diversi anni in pianta stabile nella band. La produzione del disco è affidata alle sapienti mani di Knut Fug Prytz, ascia dei triviali Necrophagia, il quale dona a tutto il platter quel sound putrescente ed impastato come tradizione vuole. Nonostante tutto ciò è bene chiarire che non ci si appresta ad ascoltare una scorreggia infernale; solo che certi lavori hanno bisogno di certe produzioni, volutamente grezze, quindi niente artifizi tecnologici che snaturano la vera essenza del death metal, ok? A parte la breve intro " ...For Those Whose Time Has Come ", appositamente collocata ad inizio tenzone, le restanti otto tracce sprigionano una forte carica di rabbia e violenza. Il tutto condotto dal growling luciferino di Krell, spalleggiato abilmente dal drumming efferato di Jehmod, forse un pizzico monocorde nei suoi patterns, ma certamente convincente in quanto a potenza e velocità. Con la presenza di Ihizahg in line-up e considerata anche la provenienza geografica del gruppo, è normale aspettarsi qualche accenno black metal, cosa che puntualmente accade ma che non pare mai messa come contentino per l'audience blackster. Anche in questi frangenti la band risulta convincente pur ammettendo che la voce di Krell dà il suo meglio con il growl, piuttosto che con il classico screaming black metal. I pezzi migliori sono sicuramente " Blood And Iron ", un pugno in faccia dal forte sapore Nile, la sepolcrale " Invoking The Apocalypse ", basata su un riffing soffocante e da una prova concitata di Jehmod dietro alle pelli. Un disco che a conti fatti risulta piacevolissimo da ascoltare. Gli amanti di Nile, Morbid Angel ed Anata potranno solo che gioire. Auguri e bentornati!!!
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