I belgi
Lemuria tornano col terzo album a nove anni di distanza dal precedente “
Chanson de la croisade”.
Questo disco ha avuto un lasso di tempo lungo, ma dovuto; perché il terzo album è la cosiddetta terza prova; ovvero se una band riesce a camminare con le sue gambe mostrando maturità e personalità.
Il disco è un concept album che affonda le radici in un fatto storico, ovvero quello della famigerata bestia del Gévaudan; portato anche al cinema nel bel film “Il patto dei lupi”.
Il primo brano “
Prologue (The land of the beast)", è strumentale e ci serve su un piatto soluzioni sinfoniche con orchestrazioni da soundtrack horror; interventi vocali maschili profondi rendono tutto più inquietante, il tutto concluso da una vocina sussurrante e maligna.
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A plague upon the land” riprende con il riff di chitarra la melodia portante del brano precedente.
Si sente una vena dimmu borgiriana nell’incedere solenne, tellurico e nello screaming del singer
Daan Swinnen con toni acidi alternati a growl profondi.
All’interno del brano c’è pure una parte narrata dall’ospite, l’attore belga
Herbert Flack; ci sono anche sfuriate in blast beats con riffing serrati quasi thrashy e le tastiere fanno capolino con orchestrazioni sinfoniche dal taglio orrorifico.
La titletrack viene introdotta da un cupo ruggito e un grido femminile a presagire la tragedia imminente rosso sangue.
Brano sostenuto da orchestrazioni, riffing nerissimi derivati da puro symphonic black e accelerazioni dove le tastiere fanno il bello e il cattivo tempo con lo screaming del singer sugli scudi.
Ci sono anche interventi vocali puliti femminili e parti di chitarra neoclassiche a dare ancora più intensità al brano.
Grande lavoro di pathos melodico in questo brano che penetra poco a poco e sale con gli ascolti nonostante la lunghezza di otto minuti.
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Of winter and hell”, inizia a spron battuto con batteria tellurica e riffing melodico sostenuto da orchestrazioni.
L’influenza dei
Dimmu Borgir qui è palese ma si sente che i belgi hanno preso ispirazione e vogliono inserire anche la personalità.
Ascoltatevi anche la parte in controtempo con riffing e tastiere di stampo quasi prog, le orchestrazioni donano pathos al brano con anche interventi di campane tubulari solenni.
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An elusive monster” è un breve brano strumentale che è denso di pathos con orchestrazioni e vocalizzi femminili.
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Epilogue ( Before the dawn)”è il brano conclusivo e roccioso, dove riffing melodici e orchestrazioni sinfoniche s’intrecciano con pathos di taglio drammatico.
Anche in questo frangente la parte narrata da solennità al tutto e si nota la caratura professionale dell’ospite che apre a una parte in mid tempo lenta, drammatica con riffing e tastiere orchestrali concludendo con una coda di piano e voce femminile narrata.
Terzo album e buona prova, certo l’influenza norvegese della band di Shagrath è percepibile in alcuni passaggi, ma i belgi dimostrano anche di avere personalità dalla loro; non male.
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