Avendo voi visto il video del buon Coroner (vero che lo avete visto? VERO??? in caso contrario recuperatelo
qui e che la Gloria vi assista) sapete cosa si intende parlando di "disco boomerang".
Per il sottoscritto vi sono pochi dubbi: "
The Storm Within" rientra appieno in questa categoria per la frequenza con la quale puntualmente "bussa" alle casse del mio stereo; capirete quindi le aspettative e la curiosità con cui attendevo l'uscita di "
The Atlantic" (
AFM Records) il nuovo lavoro degli svedesi
Evergrey.
Il disco -l'undicesimo della band capitanata dal carismatico vocalist e chitarrista
Tom Englund- chiude la trilogia relativa a quella grande avventura che è la vita denominata "
Hymns for the Broken", iniziata con l'omonimo album nel 2014 e proseguita nel 2016 con il già menzionato "
The Storm Within". E' facilmente comprensibile quindi che i temi trattati nel nuovo full length parlino di relazioni, bellezza ed oscurità, fortuna e dolore, amore, odio, disperazione, gioia e tutte le mille emozioni connesse alla vita stessa; e che cos'è la vita se non un lungo viaggio attraverso gli oceani navigando verso spiagge lontane? Ecco quindi il perchè di "
The Atlantic". (ringrazio -e non lo si prenda per piaggeria- la casa di distribuzione per aver fornito i testi insieme al consueto flyer di presentazione: utilissimi per capire ancora meglio il disco!)
Musicalmente gli
Evergrey si muovono sempre lungo le rotte (ovviamente!) tracciate negli ultimi dischi quindi ripropongono quel progressive power metal che -dopo alcuni passi falsi- aveva ripreso vigore ed ispirazione, ma con qualche gustosa variazione.
Le prime due tracce "
A Silent Arc" e "
Weightless" infatti presentano dei riffs quasi "brutali" per gli standard del combo scandinavo che si muove sorprendentemente a proprio agio anche in questi territori; le melodie - vero trademark del gruppo- sono presenti ma restano sullo sfondo come la promessa di quiete dopo una burrasca imminente.
Calma che arriva con "
All I have", brano in cui dopo una partenza al calor bianco, la voce cristallina di
Englund unito ad un solo cadenzato e toccante ci guida dolcemente in acque più tranquille; è solo una breve tregua però perchè i marosi tornano a farsi sentire nella successiva "
A Secret Atlantis", grazie agli ottimi dialoghi tra le tastiere di
Zander e la sei corde di
Danhage.
"
The Tidal", unica traccia strumentale del lotto, proprio come un'onda di marea separa idealmente il disco: a partire da "
End of Silence" infatti i brani si fanno più introspettivi, rallentati e maliconici anche nel songwriting; le sezioni di tastiera divengono meno incalzanti accompagnando e sostenendo una serie di refrain azzeccati, "
Currents" e "
Departure" sopra tutti.
In ogni traversata spesso la salvezza, e quindi il porto sicuro, sono indicati da un faro: "
The Beacon" esprime proprio questa speranza ("
I must find my beacon To let what’s dead come back to life ..") attraverso le sue strofe ipnotiche e ripetute.
Chiude il platter ed il viaggio la canzone "
This Ocean" in cui la band con ripetuti cambi di tempo e di umore tira le fila di tutto il lavoro; molto bello il ritornello in cui
Englund -senza strafare- si dimostra ancora in grado di emozionare.
A questo punto (...cavolo se mi sono dilungato...) mi chiederete: "
Sì ma allora perchè mezzo voto in meno rispetto a TSW?"
Perchè a mio avviso mancano quei passaggi in cui senti le mani che sollevano l'anima e gli occhi pungono maledettamente, strofe che mi fanno emozionare ogni volta:
"
It's not over
We'll soon be closer than before
Can't let this distance
Keep our destined souls apart"
o ancora
"
When darkness is falling
Want the world to burn
The fire to spread and there's nowhere to turn
At the end of the rope
I can't hold on
Want this world to burn
Want this world to burn"
Sono comunque notazioni del tutto personali, quello che resta è l'ennesimo grande disco di una band che anche dopo oltre 20 anni di carriera resta fortunatamente ben lontana dal troppo metal "fast food" che ammorba la nostra musica preferita.
Evergrey - "
Currents"
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