Per stessa ammissione di
Bestial Devotion, membro unico degli americani
Funereal Presence,
"Achatius", il secondo lavoro per la band, è un album vecchio di 30 anni.
Una ammissione di mancanza di originalità che sembra non interessare minimamente il Nostro il quale, piuttosto, è molto più concentrato nel mettere in evidenza la sua "fuck you attitude" ed a suonare un tipo di musica che, ormai, nessuno sembra più voler suonare.
In effetti
"Achatius" è un album di metal estremo che si colloca, dal punto di vista temporale, tra la seconda metà degli anni '80 ed i primi anni '90 quando la netta distinzione oggi esistente tra thrash, death e black non era invece netta per niente e tutti "giocavano" ad essere uno più estremo dell'altro.
Ecco, i
Funereal Presence suonano esattamente quel genere, adoperano le stesse tecniche di registrazione e ci offrono quattro lunghissimi brani, tutti sopra gli undici minuti, nei quali rabbia, riffing tagliente, blasfemia, attitudine old style, oscurità ed ossessione per quello che, secondo il gruppo, dovrebbe essere il cuore del black metal, convivono all'insegna di una lunga, ribollente colata di metallo fuso.
Al di là di tutto questo, com'è l'album?
Bella domanda...
Se lo dovessimo giudicare in chiave "moderna", commetteremmo un errore visto quello che abbiamo tra le mani.
Se invece lo giudicassimo facendo finta di essere, che ne so nel 1989, allora
"Achatius" sarebbe un lavoro interessante, vario nel suo incedere, ben amalgamato tra irruenza e momenti più cadenzati, ma anche un lavoro non particolarmente brillante perché privo di spunti davvero esaltanti, per quanto piacevole da ascoltare.
Dunque dove sta la "verità"?
Come direbbe il saggio: nel mezzo.
"Achatius" è un album sufficiente, che ho ascoltato un paio di volte e che, certamente, non ascolterò più, sebbene io sia piuttosto anziano.
I più nostalgici tra di voi, invece, potrebbero amarlo.
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