Mi sono avvicinato all’ascolto di quest’album con molta curiosità. Quella tipica di un grande estimatore di
Tony Harnell, che ai tempi del primo lavoro degli
Starbreaker aveva accolto con una certa perplessità la sua collaborazione con
Magnus Karlsson, valutandola come una possibile “distrazione” dalla missione prioritaria ... far ritornare i TNT un gruppo di vertice.
Il risultato si rivelò in realtà piuttosto riuscito, e oggi che
Harnell ha lasciato i vecchi compagni liberi di sprofondare nella greve mediocrità di “
XIII”, la ricomparsa sulle scene metalliche di quel felice progetto artistico non può che alimentare aspettative e interesse.
E allora diciamo subito che “
Dysphoria” è un buon disco, che riprende il discorso iniziato con il citato esordio eponimo e poi proseguito nel secondo “
Love's dying wish”, mescolando accattivante
hard melodico con chitarre robuste e ben affilate.
Non manca nemmeno un pizzico del
mood ombroso affiorato nel
full-length del 2008, ma indipendentemente da ogni raffronto con il passato, ciò che conta veramente è la classe con cui la
band (completata da
Jonni Lightfoot e
Anders Köllerfors) tratta per la terza volta la nobile materia
melodic metal, alternando con sapienza e acume momenti piuttosto “rilassati” a folgori dinamiche e bellicose.
La partenza è proprio all’insegna di quest’ultimo approccio … “
Pure evil” aggredisce i sensi con il suo poderoso assalto siderurgico condotto dagli stratosferici registri vocali di
Tony e dalla propulsiva chitarra di
Karlsson, il tutto assecondato da un granitico puntello ritmico.
Gli ardori si placano immediatamente con “
Wild butterflies”, soffusa e malinconica, con un vago sentore celtico che può farla registrare dall’apparato
cardio-uditivo come una sorta d’ibrido tra Whitesnake e Ten.
Si continua con la buona “
Last december”, che mesce
riff grintosi e soffice melodia, mentre a “
My heart belongs to you” è affidato il compito di sconfinare in territori esplicitamente
adulti, percorsi con disinvoltura anche per merito dell’esibizione abbastanza
Perry-ana del valoroso
vocalist americano.
“
Beautiful one” è una
ballad pianistica di notevole efficacia emozionale e se l’enfasi romantica di "
My heart belongs to you” appare un po’ ridondante e “dolciastra”, ci pensano la
title-track dell’opera e “
Fire away”, che incrociano Rainbow e TNT, a risollevare le sorti del programma, seguite da una “
Bright star blind me” che coglie nel segno attraverso un’atmosfera vibrante e caliginosa, estremamente adescante.
L’epilogo è riservato a “
Starbreaker”, “pericolosissima” reinterpretazione di un classico dei Judas Priest, risolto in bello stile da una formazione che per cultura, capacità ed esperienza si può permettere di sostenere senza troppi imbarazzi prove così impegnative.
Segnalando, infine, il contributo di
Simone Mularoni (responsabile di
mastering e missaggio) all’efficace resa sonora di “
Dysphoria”, non mi rimane che accogliere con favore un “ritorno” forse non adatto a “strabiliare” il pubblico di riferimento e tuttavia in grado di soddisfare con gusto e qualità i
fans vecchi e nuovi degli
Starbreaker.