Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2019
Durata:67 min.
Etichetta: Nuclear Blast

Tracklist

  1. GHOST IN THE MOON
  2. BOOK OF SHALLOWS
  3. MOONGLOW
  4. THE RAVEN CHILD
  5. STARLIGHT
  6. INVINCIBLE
  7. ALCHEMY
  8. THE PIPER AT THE GATES OF DAWN
  9. LAVENDER
  10. REQUIEM FOR A DREAM
  11. MANIAC (MICHAEL SEMBELLO COVER)
  12. HEART

Line up

  • Tobias Sammet: vocals, bass, keyboards
  • Sascha Paeth: guitars, bass, keyboards
  • Michael Rodenberg: orchestrations, keyboards
  • Felix Bohnke: drums
  • Ronnie Atkins: vocals (tracks 2, 5, 8)
  • Jørn Lande: vocals (tracks 2, 4, 8)
  • Eric Martin: vocals (track 8, 11)
  • Geoff Tate: vocals (tracks 6, 7, 8)
  • Michael Kiske: vocals (track 10)
  • Bob Catley: vocals (tracks 8, 9)
  • Candice Night: vocals (track 3)
  • Hansi Kürsch: vocals (tracks 2, 4)
  • Mille Petrozza: vocals (track 2)
  • Oliver Hartmann: guitars (lead, additional), vocals (backing)

Voto medio utenti

Passo dopo passo, ecco che gli Avantasia, nati come progetto estemporaneo di Tobias Sammet per uscire dalla routine degli Edguy, toccano il traguardo - che non è niente male - dell'ottavo studio album.

Tocca riconoscere che, a questo punto, un po' di routine ha raggiunto anche queste sponde, visto che il nuovo "Moonglow" si rivela un discreto album e pur collocandosi tra le migliori proposte che la penna e la mente di Sammet hanno saputo realizzare, lo fa senza allontanarsi dalla comfort zone cui gli Avantasia ci hanno abituati.
Il songwriting, gli arrangiamenti, e lo stesso artwork non presentano, infatti, particolari novità, così come la consueta nutrita lista di ospiti che si affiancano a Sammet, peraltro con i "soliti" nomi, cui si aggiungono Mille Petrozza e Hansi Kürsch (che ad ogni modo avevano già collaborato con gli Edguy) lasciando quindi alla sola Candice Night il ruolo della new entry.
Ma non è lei il primo guest che incontriamo in apertura, ecco, infatti, i dieci minuti di "Ghost in the Moon" (briosa, ma con quel piano che ravviva un feeling alla Meat Loaf) sono a totale appannaggio di Sammet e, pure in questo, si riallacciano a "Mystery of a Blood Red Rose", già opener del precedente "Ghostlights". "Book Of Shallows" si rivela decisamente più ruvida, e la voce ringhiante e assassina di Petrozza calza a pennello in mezzo a quelle dello stesso Sammet, Ronnie Atkins, Jorn Lande e Hansi Kürsch.
Ed ecco finalmente Candice Night che veleggia (in coppia con Sammet) su "Moonglow", scelta come secondo singolo e che si segnala per le atmosfere eteree ed un approccio ammiccante e easy listening. A proposito di singoli, a seguire è proprio "The Raven Child", che è stato il primo estratto del disco, e che ci propone Hansi Kürsch e Jørn Lande a duettare, assieme all'onnipresente Sammet, su un brano dal flavour medioevaleggiante.
Il buon trend che si stava delineando, perde però colpi con "Starlight", una canzone decisamente Rock ma innocua e scontata, e non basta l'intervento di Ronnie Atkins a raddrizzare le cose. Meglio fa Geoff Tate su "Invincible": con il suo strepitoso apporto anche una ballad non particolarmente originale prende valore e cattura l'attenzione.
Tocca poi a "Alchemy", che ha un passo e un'indole più vicina agli Edguy che agli Avantasia, con quei suoi stop & go ma anche a livello di refrain, per un’ affinità che si spezza solo all'altezza dell'assolo di Sascha Paeth, beh, sempre che non sia opera di Oliver Hartmann, ospite alla chitarra solista e ai cori.
Non altrettanto avvincente l'avvio tastieristico di "The Piper at the Gates of Dawn", brano che anche sul piano vocale non riesce a entusiasmare scorrendo via senza particolari sussulti, per quanto un quartetto di cantanti superbi, quale quello formato da Ronnie Atkins, Geoff Tate, Jorn Lande e Hansi Kürsch, ci dia davvero dentro.
E se è la luce di Bob Catley a illuminare "Lavender", ecco finalmente Kiske (assieme a "prezzemolino" Sammet) che da par suo riesce ad ammaliare su "Requiem for a Dream" che dopo le prime battute introduttive assume la foggia di un'ottima Power Metal song... probabilmente anche l'episodio migliore dell'intero "Moonglow".
E l'album poteva finire qui, invece in coda troviamo ancora una cover di "Maniac" (si, proprio quella di Michael Sembello e resa famosa da Flashdance) ben interpretata da Eric Martin, ma che tutto sommato stride nel contesto e che avrei visto meglio inserita come bonus in un disco degli Edguy.
Ma tant’è, Sammet l'ha usata per chiudere le danze e ce la teniamo..

... It's a hard won place of mystery, touch it but can't hold it
You work all your life, for that moment in time ...





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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 23 feb 2019 alle 18:31

Concordo su praticamente tutto. Un album onesto, in pieno stile Avantasia/Sammet. Superiore a Ghostlights ma a mio parere inferiore a The Mystery Of Time.

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