Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2019
Durata:44 min.
Etichetta:Season of Mist

Tracklist

  1. IN THE NAME OF GOD
  2. VETRY ZLYE (ВЕТРЫ ЗЛЫЕ)
  3. HEAVEN AND HELL AND FIRE
  4. HALLOWED BE THY NAME
  5. DIES IRAE
  6. I BELIEVE (ΠΙΣΤΕΎΩ)
  7. FIRE, GOD AND FEAR
  8. THE VOICE OF THE UNIVERSE
  9. THE NEW MESSIAH
  10. THE RAVEN

Line up

  • Sakis Tolis: vocals, guitar, keyboards
  • Themis Tolis: drums
  • Vangelis Karzis: bass
  • George Emmanuel: guitar

Voto medio utenti

"The Heretics" si candida ad essere uno dei migliori album di Black Metal dell'anno ed il perché è presto detto: i Rotting Christ sono maestri nel creare atmosfere sinistre che si accompagno a musiche altamente evocative
"The Heretics" è un potente rituale - nero e blasfemo - condotto dal gran cerimoniere Sakis Tolis che vi condurrà attraverso atmosfere malsane, lugubri, catacombali e allo stesso tempo solari, epiche e magniloquenti.
L'album, registrato negli studi del chitarrista George Emmanuel, è un'evocazione - invocazione - del Male attraverso sermoni quali "Hallowed Be Thy Name" o la potentissima "I Believe" ( testo in greco di Nikos Kazantzakis, scrittore ellenico bollato come eretico dalla Chiesa locale ).
Il muro di suono creato dalla band è impressionante e ha la forza di uno schiacciasassi pur mancando canzoni particolarmente veloci, le ritmiche sono infatti tutte lente, cadenzate, potenti, sorrette da cori in stile gregoriano, intro lugubri con uso di parti recitate e sapiente uso dei synth come in "Fire, God And Fear" nella quale partecipa Dayal Patterson ( scrittore britannico legato al Metal) o in "In The Name Of God" col suo incedere marziale un po' alla Rammstein.
Da segnalare la partecipazione di altri ospiti quali l'arabo Ashmedi dei Meleches che dona un'atmosfera davvero inquietante a "The Voice Of The Universe" e Irina Zybina del gruppo Grai in " Vetry Zlye" che canta in lingua russa.
Il Black Metal dei RC è "caldo", Mediterraneo, ricco di elementi tribali e sinfonici che lo differenziano nettamente da quello freddo e glaciale scandinavo e che lo rende, a suo modo, unico.
L'ultima fatica in studio del gruppo ellenico è una sorta di concept album sull'eresia, ricco di teatralità, che alterna parti selvagge ed oscure con altre più epiche ma sempre sorrette da quella vena melodica nella quale sono maestri
Da ultimo, l'album è uscito in una versione normale e "deluxe" con due brani in più , le metalliche " The Sons Of Hell Pt. 1 e 2" , e con due copertine diverse, entrambe magnifiche opere dell'artista greco Maximos Manolis.
Recensione a cura di Marco ’Metalfreak’ Pezza

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 18 feb 2019 alle 14:41

Dope concordo su tutto, disco che ho ascoltato parecchie volte, perché non é immediato come invece sembra, anzi é molto ricercato, i greci sono sempre un gradino sopra; pure io ho letto sul web giudizi molto contrastanti, ma non mi sembra che la band si ripeta, il suo marchio é presente ma soprattutto l'alone epico e maligno é palpabilissimo. grande anche la citazione della Totentanz di Liszt in Dies Irae, ad avercene di album così!

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