Situazione: siete con me in uno dei rari pub in cui ancora è presente un palco per far suonare le band. Sul nostro tavolo ci sono quattro, cinque birre, un paio ancora da finire. Facciamo un po' di chiacchiere e poco dopo vediamo il fondo del bicchiere, giusto in tempo per l'ingresso di questa band di cui ho sentito parlar bene ma che non conosco quasi per nulla. Dopo poco, facciamo nuovamente il pieno di luppolo ed il parterre viene sgomberato dai tavoli per permettere a noi 40/50 presenti di avvicinarci al piccolo palco, pronti per vedere lo show di questo gruppo che arriva addirittura dai dintorni di New York.
Personalmente, sono assolutamente prevenuto. Non mi piacciono le voci da donna nel metal, a parte due o tre eccezioni, le odio. E i
Sanhedrin hanno alla voce una biondina.
Mi faccio in testa il film della prossima ora, in cui maledirò di aver accettato l'invito per questa serata e mi vedo già a banco con il callo sul gomito, pronto a sputare le critiche più feroci e dare spazio all'estro delle mie ingiurie.
Tempo di finire una paglia e i tre salgono sul palco.
Erica, la sgalettata, è seria, non scosciata o ammiccante, ma concentrata. Imbraccia un basso. Penso, "giusto quello le potevano dare in mano, tanto non si sente, neanche sarà attaccato". Gli altri due compari non sono dei ragazzini, il chitarrista avrà la mia età. Scambiando due parole, scopro poi che la band ha già un full length alle spalle ed è qui per presentare il loro secondo lavoro,
The Poisoner, appena uscito su
Cruz Del Sur. Staremo a sentire.
Lo spettacolo comincia. I tre hanno una scenografia assente e con una presentazione scarna ci lanciano in pasto il primo pezzo. Gonfio, fiero, potente e "casereccio". Si capisce che hanno attitudine.
Il loro è un heavy metal classico, imbastardito con del proto-metal e dell'hard rock settantiano che sprigiona potenza e classe. Musica non esattamente lineare o immediata, visto che presenta anche parentesi acustiche, rallentamenti, cambi di tempo e cambi di umore.
Rimango sorpreso da questo inizio di show ed ora la band ha tutta la mia attenzione. Anche perché la voce di
Erica non ha nulla a che fare con quella di tante sbaldre messe in prima linea da molte band solo per attirare l'attenzione, per fare le soubrette di 'sto cazzo.
Erica ci crede davvero. La sua è un'impostazione da metal classico che mi ricorda alla lontana quella
Dickinson, ed interpreta bene le canzoni, senza voler strafare.
In breve mi accorgo di essere arrivato in prima fila, rapito dalla proposta dei
Sanhedrin e dalla loro musica varia, assolutamente convincente, classica, lontanissima dalla modernità dilagante. Più volte mi hanno anche ricordato qualcosa dei Dio.
La gente presente si muove, partecipa, l'odore di sudore comincia ad essere percepibile, ed anche sul palco i capelli cominciano ad inumidirsi. Ci danno sotto questi. Il lavoro della batteria è encomiabile, ben strutturato, naturale e potente, mentre
Jeremy Sosville ha fatto un ottimo lavoro in fase compositiva e la sua chitarra sa graffiare con certi riff per poi tornare quasi carezzevole in altre situazioni, ma fa sempre un lavoro davvero convincente nella sua semplicità. Alcuni dei pezzi non sono proprio immediati, magari riascoltandoli possono essere apprezzati meglio ma la sensazione è quella giusta, catturano.
La band presenta poi "
The Poisoner", quella che è la title track del loro ultimo lavoro e ci avverte che dura oltre sette minuti, di non distrarci troppo nel frattempo. "E chi si muove?" Penso io, ormai completamente assorbito dal loro spettacolo. I tre sono concentratissimi e quella che eseguono si rivela una delle canzoni migliori della serata. Quasi una ballad, lenta nei ritmi ma tesa nelle emozioni, dai toni folk a volte, pregna di un epicità fuori dal tempo. È poi ora di alzare il gain degli ampli e, dopo aver dato un sorso alla boccia appoggiata sulla piccola pedana della batteria, "
The Gateways" riporta energia nello show.
Questa energia è continua e si sprigiona anche nei brani successivi che portano in un lampo alla fine dello spettaccolo.
La sensazione immediata è quella di "volerne ancora", di aver voglia di ascoltare altre canzoni così naturali, fuori dal tempo, così intrise di sentimenti personali e di potenza.
Mentre le orecchie mi fischiano, mi dirigo baldanzoso al banco del merch e prendo una copia di
The Poisoner, sicuro che saprà farmi rivivere le emozioni della serata, che sarà mio fedele compagno per i prossimi mesi. Sono sicuro di tenere tra le mani uno dei dischi più importanti dell'anno. Grazie per la bella serata.