Che i
Bullfrog siano bravi lo sostengo dai tempi del loro esordio “Flower on the moon” (2001), ed avendo recensito tutti i loro album (il presente è il quinto della loro discografia) ho notato che sono un po’ come il vino: più stagionano, più acquisiscono profumo e sapore.
Hard blues di qualità, maturo ed ispirato ad un immaginario americano fatto di strade senza fine, spazi sconfinati, paludi e praterie, villaggi e ferrovie, donne appassionate, whiskey e vita “on the road”. Che poi il trio viva a Verona è soltanto un dato geografico, perché come tutti sanno la musica non ha confini.
Il presente lavoro esce a quattro anni di distanza dal precedente “Clearwater”, sempre per l’etichetta americana
Grooveyard, fotografando la band nel pieno della sua consapevolezza artistica. Si parte con l’eccellente hard rock bluesy “
Lola plays the blues”, dove sono già concentrate tutte le migliori caratteristiche della
Rana Toro: il groove avvolgente, la calda voce di
Francesco Dalla Riva, il chitarrismo ispirato di
Silvano Zago e la capacità di portare un tocco di freschezza ad uno stile nato in un passato ormai molto lontano. “
Hot rod” aggiunge un pizzico di southern rock e la cadenzata “
Three roses” qualcosa di funky, a dimostrazione della indubbia abilità della formazione di svariare sul tema senza mai smarrire la propria identità.
Ipnotica e circolare “
Beggars and losers”, dal retrogusto zeppeliniano, mentre la torbida “
Dangerous trails” è un esempio di rockblues settantiano da manuale. “
Out on the wide sea” è una semi-ballad ariosa ed elegante e “
Blind leader” affonda ancora di più nelle sofferte radici del blues, creando una stimolante atmosfera nostalgica ed introspettiva.
Non resta molto da aggiungere, se non che per gli estimatori del hard rock/blues classico (dai Cream agli ZZTop, da Hendrix ai Purple di Glenn Hughes) i
Bullfrog sono un ascolto estremamente consigliato.
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