Lo confesso … dopo il non esaltante “
Reckoning” di
Toby Hitchcock ero un po’ preoccupato.
L’idea che
Daniel Flores (e
Michael Palace …) avesse perso un pizzico del suo “
magic touch” mi assillava e il rischio che tale circostanza potesse finire per contaminare anche il nuovo lavoro dei favolosi
Find Me mi rendeva piuttosto inquieto.
Ora che l’ascolto di “
Angels in blue” ha fugato ogni ansia, posso affermare con serenità che evidentemente nulla poteva scalfire un classico esempio di “
marriage made in heaven” (come dicono, utilizzando una bella espressione, gli amici anglofoni …) e che la
partnership con
Robert Lablanc (e con gli altri membri e coadiutori compositivi della
band, tra cui il nostro
Alessandro Del Vecchio …) rappresenta davvero uno di quei sodalizi inattaccabili, in cui le singole parti si sovrappongono e si armonizzano in maniera pressoché ideale.
Ovviamente, per giungere alle medesime conclusioni, è necessario che il lettore appartenga alla nobile categoria del
classic chic-rocker, e che in quanto tale smani per i suoni
adulti tipicamente
ottantiani, privi di concessioni “moderniste” e non per questo apaticamente “nostalgici”.
Il terzo albo del (super)gruppo esalta le tipiche caratteristiche del genere intridendole di forza espressiva e vitalità, fornendo agli estimatori di Survivor, Boulevard, Giant, Signal, State of Salazar e Work of Art dei nuovi, entusiasmanti motivi per essere fieri della propria passione musicale.
L’ugola elitaria di
Lablanc, uno dei pochi che può competere con il compianto
Jimi Jamison sul suo terreno preferito (per un immediato riscontro ascoltare la
cover di “
Desperate dreams” …), garantisce straordinaria limpidezza e calore a composizioni di pregevole livello, ancora capaci di creare vortici di autentico rapimento emotivo pur sfruttando modalità operative parecchio “convenzionali”.
Il “segreto” risiede nell’intensità, nella classe e nell’ispirazione con cui i
Find Me trattano una materia che fin dall’opener “
No tears in paradise”, diventa, nelle loro sapienti mani, un’occasione imperdibile per immergersi in un’atmosfera sfarzosa e contagiosa, scandita da un
refrain dalla presa istantanea.
Il vigoroso
pomp-rock “
Chain of love” (con qualcosa dei Balance nell’impasto armonico …) è un modo eccellente per continuare a tenere alta l’attenzione, puntellata con buona efficacia anche dal successivo “
True believer”, un brano alimentato dal più puro ardore
eighties.
Una scossa addirittura maggiore arriva poi da “
Straight for eternity” (a cui contribuiscono
Marcus Nygren e
Joan Thuresson degli State of Salazar), splendida interpolazione tra la storia del settore e i suoi migliori interpreti attuali e emozioni analoghe arrivano dall’euforizzante “
Can’t let go”, dallo sviluppo armonico degno di Bad English e Survivor.
“
One last kiss”, languida e appassionata, e la grintosa e avvolgente “
Living a lie”, preludono a una
title-track di notevole suggestione (non lontana dai Toto di “
Isolation”) e a una deliziosa “
Show me what you'd die for”, che sembra veramente gettare un amichevole “guanto di sfida” agli State of Salazar.
In dirittura d’arrivo del programma ancora tre gemme …“
Waiting for a lifetime”, cristallino
AOR yankee a ventiquattro carati, “
You are the only one”, un diamante dal taglio Seventh Key e “
Only the lonely”, leggermente meno preziosa e tuttavia ben distante da certa “bigiotteria” contemporanea.
In sede di commento finale possiamo dunque asserire che “
Angels in blue” si colloca “senza sorprese” nella scintillante discografia dei
Find Me … e questa, per quanto mi riguarda, non può che essere una bellissima notizia.