La “
MASD Records”, nel comunicato stampa che lanciava l’esordio discografico degli
Speed Kills, aveva provato a descriverlo cosi: “
Speed Kills è heavy metal grezzo, veloce ed ignorante...1/3 metal, 1/3 punk, 1/3 rock. Aggiungere whisky a piacere.” Poche parole, ma ben precise, per cercare di definire lo stile di questa band fiorentina, nata nel 2011 che, dopo un demo e un mini EP, in grado di suscitare l’attenzione di giovani metallari assettati di “pogo”, giunge al vero e proprio debutto in studio con l’album omonimo uscito nel dicembre 2018.
Effettivamente la descrizione della label che ha messo sotto contratto i nostri è abbastanza azzeccata, considerando che l’intero lavoro del gruppo toscano è incentrato su un sound grezzo, realizzato tramite l’aggressività espressa dalla chitarra di
Niccolò Talenti, ed una sezione ritmica, affidata al duo
Gabriele De Feo (batteria)-
David Cantina (basso), tiratissima che non concede un attimo di tregua all’ascoltatore, mentre il singer
Andrea “Nemo” Sacchetti più che cantare, sembra quasi “sputare fuoco” a ripetizione, per la particolare ferocia che adotta nel proprio stile.
Le tracce che compongono l’album non si discostano molto l’una dall’altra, per stile e direzione musicale, la maggior parte dei brani infatti si regge su una struttura speed metal all’interno della quale spesso fanno la loro comparsa dei riffs trash, si pensi alla opener “
Devastation” (vera e propria dichiarazione di guerra) o a pezzi come “
Gothic Line” (dai chiarissimi richiami a
Anvil ed
Exciter, tanto per citare i maestri del genere), “
Beerserker”, “
Wolfman”, “
L.A Fuckers” o “
We Brake For Nobody”, tutti brani perfetti per esercitare l’attività del “pogo” in sede live. Gli inserti trash, di chiara matrice
Metallica (quelli dei tempi d’oro) si possono riscontrare quà e là in molte tracce tra cui “
We Suck” (introdotta da un liberatorio ed italianissimo “Vaffanculo” urlato a squarciagola), o in “
Land Of The Dead”, pezzo in cui l’iniziale riff sembra richiamare vagamente quello di “
For Whom The Bell Tolls” prima che poi si diriga verso i soliti territori speed metal. In “
Angor Animi” e ”
Bombs Over Dresda” nonostante lo stile rimanga sostanzialmente invariato, si possono scorgere dei richiami heavy-rock tradizionali che potremmo ricondurre a "
Motorhead" ma anche al punk, soprattutto nello stile del singer “
Nemo” che, parallelamente alla sezione ritmica, si muove verso linee vocali ultra-veloci, tutta grinta e violenza. Menzione a parte merita la conclusiva “
Gates Of Ishtar” , l’episodio migliore di tutto l’album, grazie anche alla partecipazione di
Steve Sylvester, storico vocalist dei “
Death SS”, song in cui i ritmi si fanno più lenti e le atmosfere si incupiscono, quasi a voler creare un clima da “horror metal” e, non potrebbe essere altrimenti considerando lo special guest presente. Sul finale del brano poi, un’impennata ritmica improvvisa, anticipata da un riff doom dal sapore tipicamente “Sabbathiano”, conferisce al pezzo una piacevole sensazione di cambio di sound, che purtroppo sembra mancare in tutto il resto del disco.
Riassumendo infatti, dopo essersi sparati a tutta velocità questi circa 46 minuti di speed-trash allo stato puro, la sensazione è quella di essere rimasti, per cosi dire al “punto di partenza”, in quanto l’energia indubbiamente presente, sprigionata dalle varie tracce sembra essere, per cosi dire fine a sé stessa, senza lasciare traccia. Insomma, per dirla in altri termini, è come se l’estrema ferocia con cui la band martella di continuo e senza tregua (ma anche con una costanza troppo prevedibile) l'ascoltatore , abbia come risultato finale quello, paradossale se vogliamo viste le intenzioni bellicose di questi ragazzi, di perdere intensità lungo la strada. Probabilmente sarebbe servita una maggiore varietà all’interno dei vari brani che, pur mantenendo le influenze speed-trash, avrebbero potuto avere uno sviluppo più eterogeneo, percorrendo direzioni musicali più ampie, deviando leggermente dal tema centrale e dando più ampiezza alla proposta musicale dei nostri, che sarebbe indubbiamente risultata più coinvolgente, sarebbero state necessarie quindi più tracce come la conclusiva “
Gates Of Ishtar” , che è davvero il cosiddetto “fiore all’occhiello” di questo album, per poterlo rendere più interessante ed aumentarne la qualità.