STONEwood e capra spaziale in copertina.Nessun dubbio a riguardo che i cinque amici romani incentrassero il loro suono su uno stoner rock rivolto ad una manciata di anni fa, senza stravolgimenti o innovazioni di sorta, nemmeno dal punto di vista del sound e della produzione.
Un bene o un male?
A mio avviso in primis è importante credere in quello che si suona ed apprezzarlo, poi viene la qualità della proposta: entrambi gli elementi sono presenti, quindi personalmente la riproposizione di stilemi ben assimilati e, chissà, magari già digeriti dall'ormai frenetico mondo del music business non ci disturba affatto.
Ovviamente i riferimenti sono scontati, Queens of the Stone Age / Kyuss su tutti, ma dal versante di Seattle è presente anche l'influenza dei Soundgarden (e non solo), miscelando lo stoner con il grunge con l'ovvio risultato di un sound caldo, grasso, meno monolitico e ripetitivo rispetto alla prassi, capace anche di inaspettate quanto gradite sferzate e variazioni.
"
China White" in particolar modo, con il suo iter acido ed ipnotico, vince e convince ma in generale tutto "
Stonewood" è un lavoro valido, realizzato con amore e convinzione, che difficilmente potrà scontentare tutti gli amanti di un genere forse non più trendy come qualche tempo fa ma che può sempre contare su uno zoccolo duro di appassionati che se ne fregano.
Bravi e belli.
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