Miasmi di zolfo, spire di vento gelido, calici di vino rosso, il tutto proiettato su liquidi fondali psichedelici.
Sono queste le prime immagini mentali che mi evoca “
Anamnesis” dei
Sinoath, esperta formazione siciliana forte di una gloriosa storia intrisa di
death e
black metal.
Approdati alla
Black Widow Records dopo una lunga e travagliata parabola artistica, i catanesi offrono al “popolo delle tenebre” una miscela davvero coinvolgente di
dark / doom, figlio prediletto di Black Sabbath, Pentagram e Black Widow, ma senza trascurare di evidenziare taluni legami di sangue con Metamorfosi, Celtic Frost, Goblin e Sisters Of Mercy.
Pur non conoscendo nel dettaglio il passato estremo della
band, mi sento di affermare che il suo attuale profilo espressivo riesce a rivelare pienamente l’anima inquieta, colta e spiritualmente “lacerata” di un manipolo di musicisti maturi e dalla visione artistica ampia e variegata, poco incline, nonostante la fiera appartenenza, allo sterile riciclaggio degli stereotipi di categoria.
Dal plumbeo, terroso e liturgico incedere della
title-track il clima, nella successiva “
Saturnalia”, diventa più morboso, epico e rituale, per poi spostarsi con “
A journey unknown” verso territori lisergici, suadenti e decadenti, in cui trova però anche spazio un improvviso squarcio di
growl-vocals, a incrementare il senso d’illuminata “frastagliatura” del tema sonoro.
Si continua con le cangianti pulsazioni e le sinistre tastiere di “
Join us”, alleggerite da un
refrain accattivante, mentre a “
Brainstorming” è affidato il compito di elargire scosse di avvolgente malinconia e al breve strumentale “
Hyperunranius” di turbare i sensi attraverso un’ipnotica atmosfera molto “cinematografica”.
In “
The absolute nowhere” vedrete la bruma dello
incipit spazzata via da un grumo nero, denso e subdolo di puro
spleen (molto interessanti le diversioni
psych-prog inserite nel tessuto connettivo del brano), e sulle note fosche e maliose di “
Arcadia” si chiude, in dissolvenza, un programma saturo di sentimenti oscuri e lugubri, ma da cui emerge anche parecchia eleganza e una sfaccettata capacità comunicativa, assai lontane dalla diffusa fissità del settore.
“
Anamnesis” è dunque un lavoro intenso, suggestivo ed emotivamente piuttosto “invasivo”, che inaugura felicemente la nuova stagione artistica dei
Sinoath, da supportare senza preoccuparsi minimamente di eventuali, anacronistici e fatui, settarismi di genere.
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