Sono pazzi questi finlandesi!
Si potrebbe chiudere così la recensione, parafrasando il saggio
Obelix, perché i finnici non smettono mai di stupire; te li immagini sempre musoni e tendenti al pessimismo e a volte li capisco.
Poi ecco che arriva un disco da quella landa fredda che è un vulcano caldo di puro sperimentalismo psych con divagazioni prog.
Immaginate i
Black Sabbath ma senza
Ozzy, con un singer black metal che vanno a casa di
Syd Barrett, per una cena a base di Lsd e avrete i
Waste Of Space Orchestra.
L’opener “
Void monolith”, fa già capire il clima acido e ribollente; arpeggi acustici, pochi suoni di percussione ovattati.
E poi ecco l’esplosione con synth dal sapore acid/prog molto anni sessanta e percussioni quasi rituali; in sottofondo le chitarre ricamano arpeggi dal vago sapore “stonato”.
“
The shamanic vision”, é ancora più orchestrale ma sotto acido spinto; le percussioni sono tribali come un rito fuori spazio-tempo.
Le chitarre ricamano riffing doom e con inserimenti di arpeggi nella composizione, il tutto con uno screaming acido e quasi intelleggibile.
Il brano è un saliscendi prog/psych sperimentale con accelerazioni e un clima minaccioso e spaziale.
“
Journey to the center of mass”, é un brano psichedelico puro con il basso a disegnare il ritmo alternato a percussioni fuori tempo e arpeggi di chitarra in lontananza.
Le tastiere anno qualcosa di floydiano, ma dei primi
Pink Floyd; effetti spaziali e vorticosi danno misura del suono intriso di vibrazioni 60/70; pura sperimentazione sonora con riffoni doom nel finale minacciosi e uno screaming black metal a condire la cerimonia.
“
Wake up the possessor”, é un brano con un cantato avvolgente femminile, l’arpeggio è l’unica melodia ripetuta che sorregge la composizione per buona parte.
Poi arriva la cavalcata psych/doom con effetti, riffing trattati e screaming; un viaggio sonoro con il cantato ricco di eco e trattato anch’esso; il riffing é ossessivo e circolare con parti irose a livello vocale, sul finale smorzate da percussioni e un basso vibrante.
La titletrack é la suite del disco; un brano di matrice prog con tastiere orchestrali e andamento doom lento, pesante e riffing ossessivi.
Le parti vocali sono in perfetto stile metal estremo a rendere ancora più acido, sperimentale e spaziale il viaggio sonoro; il brano ha notevoli saliscendi ritmici con arpeggi a inframezzare il tutto ma senza per questo corrompere il mood psych del brano.
Se il buon
Stanley Kubrick fosse ancora vivo, avrebbe scelto sicuramente questo progetto per la colonna sonora di un film di fantascienza; un disco che ti porta in un viaggio dove le dimensioni non contano più ma esiste solo il suono.
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