Gli americani
Whitechapel sono i profeti insieme ai
Job For A Cowboy e ai
Cattle Decapitation del movimento deathcore.
Ma i nostri hanno fatto un passo in avanti enorme che già si poteva percepire dal precedente album del 2016
Mark Of The Blade.
Perché la band guidata dal singer
Phil Bozeman ha sterzato verso atmosfere malinconiche, oscure e dal taglio vocale pulito, ma non dimenticando la furia e la pesantezza tipica del combo del Tennessee.
Basta sentire l’apertura con “
When a demon defiles a witch”, apertura arpeggiata dal taglio inquietante e attacco a testa bassa con blast beats e il gorgogliante growl del singer che condisce il tutto con parti screaming.
La melodia é aperta da un chorus che dal vivo farà gioire lo stage, brano serrato, distruttivo, ricco di cambi di tempo e chitarre compresse; ma ecco la prima sorpresa, una parte atmosferica, sorretta da un bel cantato pulito e ricco di colore prima dei solos melodici e progressioni deathcore a rotta di collo.
“
Forgiveness is a weakness”, é una badilata sulle gengive; brano carico di groove, pesantezza e sfuriate veloci con riffing compressi e rabbia.
Il singer da una dimostrazione di cose vuol dire aggredire l’ascoltatore con un dualismo vocale growl/scream e una parte filtrata sorretta da riff stoppati.
Le chitarre ricamano insieme al mare di riff melodie di stampo metal estremo dal marchio marcio.
“
Hickory creek” farà emergere in più di un seguace della band una bella “o” di stupore.
Brano quasi totalmente pulito; arpeggi di chitarra dalle partiture dark e malinconiche con la voce del buon
Phil carica di pathos emotivo.
Brano che viene sorretto da un bel chorus con distorsioni da parte delle chitarre e sul finale un solo ben fatto e una coda acustica.
“
We are one”, sembra una dichiarazione d’intenti; mitragliata deathcore con controtempi d’alta caratura tecnica e chitarroni al seguito.
La furia devastante é concentrata anche nelle parti cadenzate; si sente la carica dei nostri che sa non solo di correre, ma anche di colpire duro nei frangenti dove il ritmo rallenta.
Brano ricco di cambi di tempo, sfuriate dove il growl del singer è distruttivo al massimo.
“
Third depth”, é un altro brano che rende bene il corso nuovo della band americana.
Arpeggio quasi tooliano come il cantato; brano oscuro che esplode in un growl selvaggio e carico nonostante i riffing siano di matrice più densa e quasi prog.
Il dualismo pulito/growl da pathos emotivo enorme, un gran bel brano che fa capire la volontà dei nostri di essere qualcosa di più di una band deathcore.
Un disco che cresce con gli ascolti; album particolare nella sua bellezza, ricco di bordate, ma anche parti veramente sofferte, malinconiche e ricche di pathos.
Quindi signori prendete nota, i
Whitechapel hanno lanciato il sasso e la copertina sembra omaggiare il buon
David Lynch dei tempi migliori.
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