Gli
Inter Arma, sono un ibrido pericoloso gonfio di rabbia e pesantezza metallica.
Gli americani hanno trovato la sintesi tra il metal estremo e lo sludge/doom, unendo due poli hanno creato il mostro.
Immaginate di trovarvi in mezzo ad una tempesta marina, ed entrate in collisione con una grossa creatura marina pesante e incazzata; avrete più o meno l’esempio dell’impatto che producono questi americani.
L’opener “
Bumgardner”, é la quiete prima della tempesta; introduzione strumentale con tastiere dissonanti, poi ecco il vortice pesante, possente di chitarre ipercompresse con percussioni tonanti e rumorismi noise.
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A waxen sea”, é l’esempio calzante dell’ibrido creato dai nostri; blast beats distruttivo con riffing sludge/doom possenti.
Il growl è cavernoso, con rallentamenti di taglio sludge che rendono l’impasto sonoro leggero come una cavalcata di elefanti.
Un brano che rende bene il muro sonoro elevato dalla band americana.
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Howling lands”, invece si viene precipitati in un vortice continuo di percussioni, chitarre e screaming riverberato.
Un affresco sonoro pesante, minaccioso e incontrollato; il suono creato dai riffing é grosso e grasso, ed in lontananza c’è anche una melodia che si stempera nel rumore bianco del noise.
Il brano diventa un’orgia rumoristica tribale, con le percussioni precise e che crescono d’intensità fino alla coda acustica e pacifica.
La seguente “
Stillness”, é calma apparente; un tono notturno, sorretto da chitarre acustiche, tastiere e voce pulita con cori.
C’è un qualcosa di blues all’interno; brano intenso, con le percussioni che entrano a dare il ritmo alla melodia.
Bellissimo il solo di chitarra con riverberi noise; poi ecco l’attacco pesante, doom e possente con le distorsioni ad amplificare il tono blues e urla dolorose e sgraziate a dare pathos emotivo.
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Observances of the path”, è un brano strumentale breve, atmosferico e che da un attimo di respiro.
Qui le tastiere ed un piano dissonante creano un’atmosfera malata e senza uscita al vortice sonoro dell’opera.
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The atavist’s meridian”, é tribalismo puro con percussioni e andamento in controtempo e riffing compressi di scuola sludge.
Lo screaming é acidissimo, iroso e tipico del black metal; il brano ha anche rallentamenti repentini con tastiere messe in secondo piano rispetto al riffing dissonante e voci pulite ricche di eco.
Il brano riprende quota, pesantezza e violenza sonora sul finale con una marcia lenta, growl riverberato dal taglio cavernoso.
La titletrack viene introdotta da un blast beat estremo e riffing ossessivi, la batteria é possente, mentre il growl è in secondo piano.
L’ibrido pericolosamente superheavy qui é al massimo, con una parte centrale ultradoom con riffoni grossi e pesanti come macigni ed un growl cavernoso e catacombale.
Il brano é un saliscendi ritmico, pesante ed ossessivo; sarebbe la sintesi perfetta per definire il termine estremo, eppure la melodia anche se dissonante fa capolino in tutto il disco.
Un album che é più pesante di una carriola colma di mattoni, un album stupendo nella sua pericolosa bellezza heavy; un album da avere e assaporare per conoscere il lato oscuro dello sludge/doom.
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