Quando si parla di
Strana Officina ammetto che per il sottoscritto è molto difficile affidarsi a una “fredda” analisi critica … sono veramente troppo forti i sentimenti di affetto e riconoscenza che nutro nei confronti di questi formidabili “incorruttibili” del
metallo italiano, un’autentica istituzione e un fulgido esempio di come la passione, quando è vera e travolgente, possa sconfiggere anche le circostanze più nefaste.
Ciononostante, fortunatamente, non ho nessun bisogno di dissimulare una qualche forma di “delusione”, poiché il nuovo
album dei livornesi su
Jolly Roger Records è un’inconfutabile dimostrazione di come una
band dalla grande “storia” possa celebrare se stessa senza manierismi, “battendo il martello” con rinnovata vitalità e
feeling, lasciando ad altri “veterani” della scena l’onta di ripetersi in maniera abulica e pavida.
Il resto lo fanno un’enorme dose di carisma e un formidabile e inossidabile talento, impastati di un’ispirazione capace di sorprendere anche chi si ritiene un fedele estimatore del gruppo ormai da tempo immemore.
“
Law of the jungle” è un gran disco di puro
heavy metal, che accoglie con personalità la potenza “controllata” della tradizione del genere e la combina con il
groove di alcune delle sue evoluzioni più recenti, conglobando in uno stile distintivo brandelli sonori di
Ozzy Osbourne, Black Sabbath, Judas Priest e Black Label Society.
E poi, diciamoci la verità, quando la voce lacerante di
Daniele “Bud” Ancillotti scortica epidermide e sensi, sovrastando il flusso torrenziale di note elargito dalla
title-track, c’è ben poco da aggiungere, se non salutare con entusiasmo l’autoritario ritorno di una formazione che con l’ineluttabile forza della tensione espressiva sogghigna beffarda al cospetto della malasorte e delle difficoltà della discografia contemporanea.
“
Crazy about you” accentua la componente melodica e caliginosa, sostenuta da un
guitar-work di notevole effetto, mentre se cercate un momento di emotività attanagliante ecco arrivare “
Endless highway”, che sprigiona un’imponente carica melodrammatica, irretendo l’astante fin dal primo ascolto.
Con “
The wolf within” e “
Snowbound”, aggressive, seducenti e sinistre, il gruppo piazza altri due
highlights del programma, seguiti da una poderosa e strisciante “
The devil & Mr. Johnson” e da una malinconica e granitica “
Love kills”, appena meno efficaci e tuttavia sempre capaci di provocare prepotenti scosse di benefico appagamento
cardio-uditivo.
A questo punto, dopo essere stati “rassicurati” sulla superiorità espressiva della
Strana Officina anche nelle frenesie nel terzo millennio, perché non abbandonarsi esplicitamente alla “nostalgia” attraverso gli impulsi sovraccarichi di energia di “
Difendi la fede” e l’intenso intimismo di “
Guerra triste”? Ci si accorgerà così ancora una volta che il valore di una bella canzone è immarcescibile e che il bistrattato idioma nazionale nelle mani giuste ha un immenso potere comunicativo, un assioma confermato pure da “
Il buio dentro”, trascrizione in lingua di
Dante di “
The wolf within” e splendida
bonus-track della versione in
Cd dell’opera.
Al di là di ogni eventuale retorica, di sterili etichette e di tanti illanguidenti “ricordi”, con “
Law of the jungle” la
Strana Officina ripaga pienamente la fiducia dei suoi numerosi sostenitori della “prima ora” e si presenta nel 2019 agguerrita e motivata per acquisirne di nuovi, rivelando a tutti che forse il vero segreto della sua brillante longevità artistica è uno solo … vivere la musica sulla propria pelle in maniera assoluta e totalizzante, una scelta scomoda e coraggiosa, appannaggio di una “razza” in via di estinzione.