Nel 2004 avevamo lasciato
Alan Parsons - pluripremiato ingegnere del suono per
“Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd e membro fondatore dell’altrettanto noto Alan Parsons Project insieme a
Eric Woolfson - con
“A Valid Path”, album a suo modo sperimentale
(uno dei primissimi esempi di produzione interamente gestita a computer con VST senza l’ausilio di hardware esterni, ndr) servito all’artista soprattutto come “trampolino di lancio” per la sponsorizzazione del suo (straordinario) videocorso
“Art & Science Of Sound Recording” uscito qualche anno più tardi.
Ci voleva la sempre ottima
Frontiers per motivare
Parsons a comporre un nuovo full-length, ed è un piacere constatare la bontà del risultato finale.
“The Secret” è un lavoro riuscito, con suoni eccellenti (avevate dubbi?) e composizioni degne degli anni d’oro della sua creatura nata con
“Tales Of Mystery And Imagination”.
Dopo un inaspettato omaggio symphonic rock sulla scia di The Nice ed Ekseption a
Paul Dukas e al suo
“Apprendista Stregone”, veniamo catapultati nelle sonorità morbide e avvolgenti tipiche del Project con
“Miracle”, che fa tris con le successive
“As Lights Fall” e
“Soirée Fantastique”.
“One Note Symphony” predilige soluzioni più epiche e simil-progressive, ma
Parsons dimostra di essere un talento anche nelle ballad più struggenti (
“Sometimes”, “Years Of Glory”).
“Fly To Me” profuma di USA per il sound delle chitarre, mentre
“Requiem” strizza l’occhio allo swing e al blues. Se
“The Limelight Fades Away” vince il premio come brano più AOR del lotto,
“I Can’t Get From Here” chiude le danze, come sempre, con encomiabile eleganza (
“…is the English way…” cantava
Richard Wright in
“Time”).
Chissà se sarà davvero questo l’ultimo album di
Alan Parsons…
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