Nuovo album e nuova casa per questi grandi blacksters nostrani, una band che fa del verbo nero la sua massima aspirazione artistica.
Ma non pensate che siano dei meri esecutori o citazionisti; il duo composto da
Marco e
Andrea Basili ha una solida storia alle spalle che è personale e vuole dare un contributo sentito, orgoglioso al metal estremo.
I viterbesi dopo quattro album sotto l’egida della sempre attenta
Avantgarde Music, debuttano con questo quarto album con la label inglese
Third-I-Rex; il disco è composto da sette movimenti.
L’apertura, affidata alla strumentale “
Vulnera part. I”, é un brano che ci fa capire la volontà dei nostri di dare voce alla perdizione umana, verso musica dissonante fatta di orchestrazioni e atmosfere di altre dimensioni; con chitarre e batteria che elevano la cifra tribale, dissonante; un brano del genere sarebbe stato ideale per un’eventuale creatura del pantheon lovecraftiano.
“
Vulnera part II”, é assalto in blast beats con chitarre nerissime e compresse; lo scream è doloroso e profondo.
Le orchestrazioni danno ancora più profondità ad un suono nero e folle; vieni disorientato e colpito; ci sono anche cambi di tempo in up tempo con echi e rumorismi.
“
Vulnera part. IV”, inizia come mid tempo ritmato con i riffing sempre più amplificati e accordi dissonanti.
Lo screaming é acido, aggressivo e iroso; il riverbero dato alle chitarre è annichilente, un muro di suono che aumenta di velocità con tappeti atmosferici di tastiere.
A metà del brano, inizia una parte straniante con un tappeto atmosferico fatto da orchestrazioni, arpeggi ossessivi fino ad esplodere in riffing pieni e iperdistorti, fino alla conclusione con orchestrazioni e rullante in evidenza.
“
Vulnera part. V”, apre le porte ultradimensionali; tappeto fatto di echi, riverberi e synth.
Ma poi ecco l’assalto nerissimo di puro black metal feroce in blast beats; i riffing sono dissonanti e di origine nordica ma trattati in maniera acida e lo screaming é lacerante.
La batteria cambia tempo con rullate, grande uso personale dei piatti e dell’arsenale sonoro a disposizione.
Il settimo e ultimo capitolo è un up tempo veloce con muri di chitarre riverberate e nerissime.
Il brano prende poi una piega lenta, quasi doom con il singer che declama disperate grida laceranti e scossoni veloci e una melodia dissonante di fondo.
Un disco che é estremo, personale e “folle” nel senso più buono del termine; il duo ha adoperato a dovere il metal estremo ma personalizzandolo in maniera acida e dissonante con suoni spaziali.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?