Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2019
Durata:34 min.
Etichetta:Dusktone

Tracklist

  1. PART I
  2. PART II
  3. PART III
  4. PART IV
  5. PART V
  6. PART VI
  7. PART VII

Line up

  • Doedsadmiral: vocals
  • Maletoth: guitars, bass
  • Spektre: drums
  • Renton: keyboards

Voto medio utenti

Secondo album di lunga durata per i norvegesi Svartelder che tornano sul mercato discografico proponendoci uno stile di black metal piuttosto classico e di evidente matrice norvegese arricchito però da alcune soluzioni che contribuiscono a stratificare il suono della band conferendo maggior personalità al lotto.

I pezzi sono tra di loro piuttosto vari e il disco fila bello liscio dall'inizio alla fine alternando, anche nei singoli pezzi, parti più violente in blast beat a parti arpeggiate più cadenzate. A dire il vero i nostri rendono al meglio nelle parti più groovose sostenute dalla doppia cassa o, appunto, in quelle arpeggiate piuttosto che nelle sezioni più sparate e veloci. I riff in tremolo sostenuti dal blast beat non sono, in qualche caso, caratterizzati da un un grado di ispirazione particolarmente elevato ed a volte si avvicinano più a dei riff di matrice death metal che a riff propriamente black metal, un po' come accade in alcuni dischi della seconda metà degli anni '90 degli Immortal con alla chitarra Abbath, in particolare credo che il riferimento più pertinente possa essere "Blizzard Beasts", che presenta un approccio ritmico sicuramente più sincopato e death-oriented (che Abbath riconosce come un'influenza da parte dei Morbid Angel con i quali gli Immortal condivisero spesso il palco nel tour che seguì l'uscita nel 1995 di "Battles in the North") rispetto ai classici del black metal del tempo.

Certo, questo non inficia la resa di "Pits", che anzi risulta arricchito da riff meno canonici e contemporaneamente da ottime tastiere che sanno sempre risollevare momenti meno ispirati o enfatizzare, a seconda dei casi, delle fasi più esaltanti. La tastiera è sicuramente uno strumento centrale all'interno delle composizioni dei nostri e sono sempre inserite con gusto senza diventare invasive o eccessivamente dominanti sulle chitarre, il che è sempre un dettaglio piuttosto positivo, per quanto mi riguarda: ciò permette alla band di ottenere arrangiamenti più ricchi senza per forza cercare la trovata ad effetto per coprire il vuoto compositivo come spesso e volentieri accade.

Una delle note meno convincenti è sicuramente la prestazione vocale fornita da Doedsadmiral la cui colpa non è certamente il fatto di essere tecnicamente carente quanto piuttosto di emettere uno scream che, bisogna dire, non spicca particolarmente per la sua personalità. Anche in questo caso l'influenza mi pare essere Abbath col suo scream stridulo e strozzato (caratteristica che molti gli criticano soprattutto riguardo l'album del '95) anche se Doedsadmiral non riesce a raggiungere il grado di abrasività che invece qualifica il caratteristico timbro di Abbath. In definitiva la prova vocale risulta purtroppo abbastanza monocorde e caratterizzata da un timbro che non permette di emergere dalla miriade di voci black metal in circolazione.

Uno dei fattori invece più positivi è sicuramente la prestazione alla batteria di Spektre, a dir poco sopra le righe lungo tutto il corso del disco. Il nostro ci regala una prova maiuscola sia per quanto riguarda la necessaria abilità di affrontare senza problemi i fondamentali del genere (blast beat su tutti, e ci mancherebbe) ma soprattutto per la personalità con cui arricchisce non solo la sua performance personale ma spesso interi brani che si fanno apprezzare proprio per il gusto con cui Spektre è capace di passare dal blast (giocando sempre sapientemente con crash e raid) a momenti addirittura jazzati (provate "Part III" e "Part IV" per farvene un'idea). Va detto, a merito del drummer della formazione, che gli stessi brani, sostenuti da una performance alla batteria più ordinaria perderebbero sicuramente una componente fondamentale per quanto riguarda la loro riuscita complessiva.

La prova al basso è buona e, in pieno stile "true norwegian black metal", mai troppo in primo piano o sopra le righe, anche se la produzione, molto pulita e piuttosto moderna, sicuramente risalta uno strumento che in questo genere è spesso relegato in una posizione solitamente abbastanza defilata. In alcuni brani sono presenti delle linee che riescono anche ad impreziosire il pezzo (ad esempio "Part III" e "Part VI") riuscendo quindi a fare qualcosa di più che il semplice compitino.

La produzione è sicuramente buona: nitida, potente, caratterizzata da un missaggio che fa percepire chiaramente tutti i singoli strumenti. Anche troppo. Sono dell'avviso che il black metal, soprattutto quello di ispirazione più classica, necessiti di suoni meno definiti e sicuramente più taglienti. Il che non significa andare per forza alla ricerca del lo-fi ma saper valorizzare certe frequenze, soprattutto emesse dalle chitarre, che permettano di ottenere quella coltre sinistra ma affascinante che la produzione di questo album nega, andando a ricercare una definizione spesso eccessiva che tastiere e parti arpeggiate tentano di allentare a favore dell'atmosfera, risultato che viene ottenuto però solamente in parte.

L'album è sicuramente buono e la band dimostra nel suo complesso di avere delle ottime capacità di songwriting. Magari non tutti i riff sono particolarmente ispirati - molti si - e la prestazione vocale mostra i suoi limiti ma un sapiente lavoro di composizione permette di inserire degli elementi eterogenei che integrano un stile di black metal molto classico dei nostri dando vita ad una miscela piuttosto fresca e godibile, in cui molti piccoli dettagli rendono l'insieme più che apprezzabile.
Non siamo di fronte al disco black metal più memorabile dell'anno ma si tratta comunque di un lotto di buona fattura che con gli ascolti guadagna sicuramente punti e permette di apprezzare tutte le sfumature che lo impreziosiscono.
Dargli una possibilità è certamente cosa buona e giusta.

Recensione a cura di Giacomo Babuin

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