Chi ha detto che nella musica si debba sempre e comunque scrutare l’orizzonte davanti a sé? Che male c’è nel volgere, di quando in quando, lo sguardo al sentiero già percorso, beandosi delle gloriose esperienze uditive vissute in giovinezza?
Questo il frivolo pensiero che mi ha accompagnato nell’ascolto del nuovo
full degli
Aeon Winds, che un’occhiata al passato la danno eccome e si lanciano in un’operazione di recupero di quel
symphonic black metal tanto in voga nella seconda metà degli anni ’90.
Già, i bei tempi andati in cui quella sinfonica era solo una delle componenti del
sound, in cui orchestrazioni e cori non sovrastavano ogni altra cosa e non servivano a coprire tragiche carenze di idee, in cui le produzioni mantenevano ancora un tocco di sana veracità…
Ok, la smetto di immalinconirmi: rimaniamo all’attualità.
L’attualità, per l’appunto, si chiama “
Stormveiled”, seconda fatica discografica dei Nostri.
In virtù del notevole lasso di tempo trascorso dall’esordio (oltre sette anni) e dei numerosi
EP,
split e collaborazioni realizzati nel mezzo, la maturazione a livello compositivo è innegabile.
Altrettanto può dirsi della coerenza filologica con gli stilemi varati dai padri putativi del genere: "
Stormveiled" mette in mostra notevole padronanza della materia, tanto che nei momenti più ispirati si odono addirittura echi di
Emperor e
Limbonic Art.
Mantenete la calma: gli
Aeon Winds non possiedono né la sublime epicità dei primi né la geniale malignità dei secondi. Al tempo stesso, sonorità e
lyrics sapranno davvero solleticare le corde della memoria.
Per non parlare poi delle scelte dietro al
mixer: schema di gioco all’antica, batteria che tocca mille palloni ed è sempre al centro della manovra, voce e basso che fanno legna a centrocampo mentre le tastiere stanno in difesa e si sganciano per tentare la sortita offensiva saltuariamente –ma sempre coi tempi giusti-.
Una saggezza tecnico-tattica da cui emergono interessanti trame di manovra, soprattutto in occasione delle tracce più articolate (la
title-track, “
Beyond All Empty Places”).
Qua e là, invece, ci si impantana in una eccessiva ricerca della melina, come testimoniato dai quattro brani strumentali (benché di breve durata), tra i quali si segnala esclusivamente l’
intro “
Of Times Forgotten…”; oltre a ciò, manca il fuoriclasse in grado di garantire il salto di qualità alla compagine slovacca, che pare destinata a lottare in una pur dignitosissima zona di metà classifica.
Ho comunque motivo di ritenere che agli
Aeon Winds vada bene così, e lo stesso può dirsi del sottoscritto: per qualche minuto mi sono sentito di nuovo alle superiori, con “
Moon in the Scorpio” o “
Anthems to the Welkin at Dusk” a girare nel
walkman... e mezzo metro abbondante di capelli in più sulla nuca.
Ah, nostalgia canaglia…
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