Marco Barusso è un personaggio di cui l’Italia musicale deve andare fiera e che invece, come purtroppo troppo spesso accade, non sono in molti a conoscere in maniera adeguata.
Produttore, arrangiatore, musicista e tecnico audio,
Marco può vantare un
curriculum davvero sterminato e variegato (dai Cayne agli 883, passando per HIM, Coldplay, Thirty Seconds To Mars e approdando ai mitici Heavy Metal Kids …) e se oggi siamo qui a commentare il primo parto di questo suo nuovo progetto solista è solo perché dietro ai
The Price ci sono l’esigenza di condensare le varie esperienze accumulate lungo il ricco percorso e, ancora una volta, la necessità impellente di dare sfogo a una grande passione per il
rock “ad ampio spettro”, ammantandolo anche di taluni "contenuti", un’impresa ambiziosa, storicamente non sempre ricompensata.
Sostenuto da un
concept basato sulla morbosità di certe relazioni umane e sul come sia facile “vendersi l’anima” (vedasi anche l’
artwork dell’opera) rinnegando i propri ideali, “
A second chance to rise” propone tre quarti d’ora abbondanti di ottima musica, capaci altresì di trasmettere, in ossequio al titolo del disco, un “messaggio” importante, e cioè che la vita sa offrire “una seconda possibilità di rialzarsi” a chi è consapevole di essersi perso e vuole strenuamente cambiare questo stato di cose.
Con il contributo di un impressionante
parterre de rois di ospiti, il nostro mescola con innata disinvoltura
metal,
grunge,
dark,
new-wave e
pop mantenendo un’invidiabile coesione tra le diverse sfaccettature soniche e una costante gradevolezza d’ascolto, sicuramente figlie di una notevole maturità espressiva e di una cultura ampia e qualificata.
Così, se l’apertura del programma è affidata alla malinconica seduzione di “
Tears roll down” (con
Luca Solbiati degli Zeropositivo alla voce), la successiva “
A mg of stone” farà felici gli estimatori di Bush, Soundgarden e Alter Bridge (ottima la prova di
Alessandro Ranzani dei Movida) e “
My escape” (
vocals by Axel Capurro degli Anewrage) rappresenta una plausibile selezione per le
heavy rotation dedicate al
radio-rock contemporaneo.
Stessa destinazione che meriterebbero “
Enemy”, cantata da
Alessio Corrado (Jellygoat), pulsante di
groove e forte di un ritornello da presa istantanea, e la potente “
Take back our life”, che anche grazie all’ugola di
Enrico “Erk” Scutti (Figure Of Six), ha i mezzi per ammaliare i
fans di “roba” alla Bring Me the Horizon.
Se poi volete togliervi lo “sfizio” di sapere come potrebbe suonare una
jam-session tra The Police e
Glenn Hughes, a darvi qualche indizio arriva “
Free from yesterday”, magistralmente interpretata da
Roberto Tiranti, mentre a chi cerca atmosfere più dirette e aggressive è indirizzata la graffiante “
Lilith”, pilotata ad arte da
Tiziano Spigno degli Extrema.
Con “
Stormy weather” il
mood dell’albo ritorna a scurirsi e a farsi introspettivo, e qui sono doverosi i complimenti a
Max Zanotti (Casablanca) per come si cala nei panni del tormentato
Layne Stanley senza incorrere in fastidiosi manierismi.
“
On the edge of madness” è indiscutibilmente il “pezzo forte” della scaletta e non solo per la coinvolta partecipazione di
Enrico Ruggeri … il senso di caducità di vivere sull’orlo della follia è splendidamente raffigurato da suoni dall’enorme intensità emotiva, che non sorprende fossero stati pensati per i sottovalutati Cayne (la
band ha pubblicato una versione della canzone con il titolo “
A new day in the sun”).
E’ ancora il cantante degli Anewrage ad alimentare l’
hard-rock denso e suggestivo denominato “
E.C.P. (Electric Compulsive Possession)” e al duetto tra
Alessandro Del Vecchio e
Marco Sivo è stata assegnata la godibile struttura armonica di stampo
prog-metal di “
Under my skin”, risolta in bello stile da due autentici protagonisti della scena.
“
Strange world” (rilettura di
Ké, con
Fabio “Phobos Storm” Ficarella dei The Strigas al microfono) chiude l’albo con l’invito a non arrendersi all'incomprensibilità del mondo, continuando a sostenere quello in cui si crede … esattamente come fa
Barusso e i suoi
The Price, incuranti della diffusa superficialità e della stagflazione in cui versa l’attuale
rockrama internazionale.