Rob Moratti fa parte di quella schiera di personaggi che, nonostante una corposa e lodevole carriera, non sono mai riusciti ad andare oltre un moderato apprezzamento.
Le prove con Final Frontier, Rage Of Angels e una fugace (e un po’ “autolesionista” … impresa proibitiva cercare di scardinare
Michael Sadler dal cuore dei
fans) apparizione nei Saga non sono bastate per conquistare un credito ampio e incondizionato tra gli appassionati del
melodic-rock e nemmeno il suo encomiabile percorso da solista è stato capace, per imponderabili motivi, di modificare questo stato di cose.
A questo punto, non sono in grado di prevedere se il nuovo “
Renaissance”, patrocinato dalla
AOR Heaven, potrà fornire qualche “scossa” significativa alla parabola professionale del nostro, ma quello che posso tranquillamente affermare è che siamo di fronte ad un altro albo di notevole valore espressivo, pilotato da una voce che continua a sorprendere per estensione e capacità interpretative.
Supportato da
Torben Enevoldsen (Section A, Fate, ...),
Fredrik Bergh (Street Talk, Seven, Bloodbound, ...),
Stu Reid (Final Frontier) e dal celebre basso di
Tony Franklin (Blue Murder, ...),
Rob sciorina con disinvoltura e classe dieci frammenti di
AOR piuttosto “classico” (e parecchio Journey-
esco), marchiati dalla sua adamantina laringe.
Per chi ancora non ne conoscesse le peculiarità, diciamo che nell’ugola di
Moratti riescono in qualche modo a convivere
Jon Anderson e
Steve Perry, e se tale coesistenza vi sembra quantomeno “singolare”, l’ascolto del coro stratosferico di “
You are the one” potrebbe fornire qualche utile indicazione in merito.
Iperboli a parte, dopo un così appassionante atto d’apertura, arrivano le altrettanto efficaci “
Let me be the one”, frizzante e adescante, “
Best of me”, romantica e appassionata, e una “
Lift you up” che avvolge l’astante e ne soggioga i sensi in maniera confortevole e familiare.
“
Hold on to love” e “
I let you in” sono altri due esempi di pregevole
rock adulto, superati in intensità emotiva da “
It’s time to go”, “
Mandy come home” (dal ritornello a “presa rapida”) e “
I don’t want to wait forever”, mentre “
It hurts to be I love” chiude il programma con una bella energia e un alito di manierismo.
Non rimane che sollecitare la giusta attenzione per “
Renaissance”, un disco eccellente sotto molti (magari escludendo dall'elenco “l’originalità” della proposta ...) punti di vista, che possiede le qualità necessarie per consacrare
Rob Moratti tra i migliori esponenti della fonazione modulata melodica contemporanea.
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