Copertina 8

Info

Anno di uscita:2020
Durata:54 min.
Etichetta:Steamhammer / Spv

Tracklist

  1. SOUTHERN ROCK WILL NEVER DIE
  2. HEAVENLY BLUES
  3. DIXIE HIGHWAY
  4. OVERNIGHT FROM ATHENS
  5. ENDLESS RIDE
  6. DARK HORSE RUN
  7. RATTLESNAKE ROAD
  8. LONESOME BOY FROM DIXIE
  9. SHOWDOWN
  10. WINDY CITY'S BLUE
  11. MACON MEMORIES

Line up

  • Henry Paul: guitar, vocals
  • Dale Oliver: guitar, vocals
  • Steve Grisham: guitar, vocals
  • Randy Threet: bass, vocals
  • Dave Robbins: keyboards, vocals
  • Monte Yoho: drums
  • Jaran Sorenson: drums

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Icona del Southern Rock. Questa è la definizione più appropriata per i The Outlaws, storica band di Tampa, Florida. Nati verso la fine degli anni '60, dopo numerosi cambi di line-up trovano la loro definitiva incarnazione nel 1972 (Thomasson, Paul, Jones, O' Keefe, Yoho) con la quale pubblicano lo stupendo album d'esordio omonimo (1975). Seguono una serie di lavori che rappresentano delle vere e proprie pietre miliari della musica southern ("Lady in waiting" (1976), "Hurry sundown" (1977), "Playin' to win" (1978)) che li collocano di diritto nell'olimpo di questo genere, insieme ad Allman Brothers Band, Lynyrd Skynyrd, Marshall Tucker Band, Charlie Daniels Band. Nel 1978 esce anche il monumentale doppio live "Bring it back alive", con un intera facciata dedicata alla leggendaria "Green grass and high tides" che testimonia uno dei momenti più straordinari dell'epoca d'oro del southern. Disco che conservo con orgoglio nella mia collezione di vinili.
Nel corso degli anni '80, la formazione statunitense modifica leggermente il proprio sound verso una direzione più melodica e radiofonica, pubblicando comunque ottimi album come "Ghost riders" (1980) e "Soldiers of fortune" (1986), ma l'evoluzione dei gusti musicali del pubblico americano e le problematiche interne alla band, portano gradualmente ad una sorta di scioglimento e di scomparsa dalle scene. Nel frattempo, Henry Paul forma una band che porta il suo nome (con un paio di lavori eccellenti) e la formazione country BlackHawk. Hughie Thomasson, che con la sua voce virile ed il chitarrismo infuocato ha caratterizzato i migliori momenti degli Outlaws, entra a far parte dei rinati Lynyrd Skynyrd, a testimonianza del prestigio acquisito in carriera.
Gli Outlaws ricompaiono con la line-up originale quasi completa intorno al 2005, con l'eccezione di Billy Jones e Frank O' Keefe, purtroppo tragicamente scomparsi (uno suicida e l'altro per overdose). Due anni dopo muore anche Thomasson, vittima di infarto.
Ma i The Outlaws non si piegano all'avverso destino e proseguono la propria carriera guidati da Henry Paul e Monte Yoho. Dopo aver risolto alcune spiacevoli grane legali con la vedova di Thomasson sull'utilizzo dello storico monicker, nel 2012 esce un nuovo album (dopo 12 anni) intitolato "It's about pride", dove troviamo anche una cover della mitica "So long" compresa nell'esordio della Henry Paul Band "Grey ghost" (1979). Altro disco che ho acquistato quando pochissimi in Italia conoscevano ed apprezzavano questo filone rock.
Ed arriviamo finalmente ai nostri giorni, dopo ulteriori cambi di formazione. Entrano i chitarristi Steve Grisham, già presente su "Soldiers of fortune" e Dale Oliver, che ha collaborato con i BlackHawk, che vanno ad aggiungersi a Paul e Yoho, al bassista Randy Threet ed al tastierista Dave Robbins. In qualche modo il trio di chitarre della "Florida guitar army", come furono definiti i The Outlaws negli anni '70, è ancora vivo e vegeto e pronto a lanciare un nuovo disco sul mercato.
Il titolo "Dixie highway" si riferisce alla prima importante via di comunicazione che collegò il Midwest al Sud degli Stati Uniti (univa Chicago a Miami), poi rimpiazzata intorno al 1920 dal più moderno sistema autostradale. Ma alcuni tratti ancora esistenti in Florida, Georgia, Tennessee, uniti alla propensione al romanticismo nostalgico ed all'orgoglioso senso di appartenenza della popolazione degli Stati Confederati, hanno scolpito questo nome nell'immaginario collettivo dei "rednecks".
Il lavoro è un trionfo di stimolazioni southern rock, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più melodici e country-blues alla maniera della Allman Brothers Band. Semi ballad elettroacustiche come "Overnight from Athens" o la rilettura del classico "Heavenly blues" (da "Hurry sundown") ci avvolgono nella caratteristica atmosfera che profuma di spazi sconfinati, cieli tersi e senso di libertà mischiato a quello di solitudine dell'uomo di fronte alla natura. Ritmiche placide, slide guitar ed assoli a pioggia, sono il timbro caratteristico di questa gloriosa band.
Più rockeggianti e stradaiole la title-track e "Rattlesnake road", inni allo spirito southern dei fuorilegge ed al mai sopito revanscismo nato in seguito alla Guerra Civile. Le tre chitarre funzionano alla grande come sempre, lo si può notare nella struggente cavalcata "Endless ride", classico pezzone ultra-romantico segnato dalle sciabolate solistiche e dall'intensità finale alla "Free bird". Lo stesso accade nella semplice e ritmata "Lonesome boy from dixie", altro omaggio all'iconografia southern dell'uomo solo ed autocentrato, così come nella densa, bluesy e notturna "Windy city's blue". Infine, se volessimo sintetizzare questo lavoro in maniera estrema, ci sono due brani che rappresentano in pieno mezzo secolo di questo stile musicale: l'anthemica "Southern rock will never die", manifesto di costanza e coerenza di una band e di un genere rock straordinario, e la dolcissima e malinconica "Macon memories" che ci narra invece del tempo trascorso e dei tanti tragici vissuti che hanno segnato non solo la storia dei The Outlaws, ma dell'intero southern rock.
L'assenza di Thomasson priva forse la band della sua indole più selvaggia ed aggressiva, si sente a tratti la mancanza di brani più focosi come "Freeborn man" o "You are the show", ma il piacere di godere nuovamente della classe e della qualità dei ragazzi della Florida non viene intaccato.

Se amate il southern, come il sottoscritto, non potete mancare questo appuntamento con la leggenda.

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