Furbizia ? Calcolo? Spontaneità al limite dell’ingenuità o semplicemente niente di tutto questo? Perché questo incipit dubitativo? Semplicemente perché
Sacred Son è una (ex one man) band che ha saputo attirare l’attenzione dei più curiosi fan del black metal grazie alle copertine … Il “successo” dell’omonimo album di debutto del 2017 è tutto, o in buona parte, da ascriversi alla strampalata copertina che vede
Dane Cross (il leader fondatore della band) ritratto in un normalissimo selfie con occhiali da sole e magliettina, sulle Table Mountain a Cape Town in Africa del Sud … Non proprio la cover che ci si aspetta di vedere su un album black e invece, così facendo, in molti, me compreso, si sono presi la briga di dare un’ascoltata all’album … Passano due anni e il “buon”
Dave ci riprova, altro selfie e altro disco … Ora, a parte aver trovato un
Dave un po’ ingrassato, più stempiato e pericolosamente tendente al “hypsterismo” , la proposta musicale non è che sia cambiata troppo, nonostante ora
Sacred Son siano una vera e propria band … nei 40’ di
“Arthurian Catacombs” ci troviamo di fronte ad un album che ripercorre fedelmente quanto proposto con l’omonimo debut album, vale a dire un discreto black metal per lo più tirato e in your face, con una produzione leggermente meno carica sui bassi, ma comunque lontanissima dalle fredde produzioni scandinave, qualche solos in più come in
“The Blind And Feral Witnesses” nel tentativo di differenziare maggiormente i brani e poco altro. Nel complesso i sei brani più intro (inutile) scorrono via facilmente, si fanno ascoltare piacevolmente, ma difficilmente vi daranno voglia di riascoltarli una volta giunti alla fine di
“Ossuary III” . Questo
“Arthurian Catacombs” è un album che dura il tempo stesso della curiosità per le copertine e credo proprio che se non fosse per questo particolare passerebbe certamente inosservato, non lasciando nessuna traccia nelle vostre teste esattamente come le scialbe parole di Dane che mi è capitato di leggere su una fanzine inglese … I 9 mesi che ci stiamo lasciando alle spalle ci hanno proposto moltissimi lavori estremi eccellenti, e chissà quanti ne arriveranno di qui alla fine dell’anno,
“Arthurian Catacombs” può essere catalogato al massimo nelle categoria "sbandatine serali di una notte d’estate" … una botta via
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