Bottom - Feels so Good when You’re Gone

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2002
Durata:42 min.
Etichetta:Rise Above
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. HELL OF A LIFE
  2. FOREVER GONE
  3. X ON YR HED
  4. LOVE SONG 2 NO.1
  5. GOT METH
  6. DEATHSPIN
  7. MEATBUZZ
  8. TOWER: XVI
  9. ANGERMEISTAR

Line up

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Gruppi interamente femminili non ve ne sono poi moltissimi in giro e per reagire a questa esiguità di solito cercano di suonare forte e picchiare duro.
Discorsetto perfettamente applicabile alle newyorkesi Bottom, giunte al secondo lavoro seguito del buono e sconosciuto esordio “Made in voyage”. Da quel che ricordo il presente “Feels so good…” era uscito (o in uscita) nel 2001 per la Man’s Ruin, ma il fallimento della label di Frank Kozik ha causato enorme confusione nel settore ed il disco ricompare datato 2002 per l’etichetta di Dorrian, Rise Above. Comunque sia andata conta solo che l’album è un gran concentrato di grezzissimo heavy metal cattivo e potente, che presenta varietà di temi ed una band dalla robustezza mascolina. Le Bottom sono state, come capita sempre più spesso negli ultimi tempi, frettolosamente ed arbitrariamente agganciate al carrozzone heavy-stoner, più per l’appartenenza a certe case discografiche che per un reale coinvolgimento musicale, ma un’attitudine selvaggia ed anticommerciale emerge comunque prepotente in diversi brani, ad esempio il mortifero doom “Got meth” dall’incedere plumbeo e caratterizzato dalle rauche urla di una sorprendente Sina, ed ancor di più nella deragliante ed ultradistorta cavalcata “Angermeistar” dove si possono cogliere ottimi richiami agli ultimi Cathedral ed Electric Wizard. La vita praticamente on the road portata avanti dal trio ispira un suono rabbioso, metropolitano, fragorosi riffs metallici come nell’opener “Hell of a life”, anch’essa vagamente stonerizzata secondo le ultime mode (Men of Porn, Sourvein, Weedeater, ecc.), ma si riesce ad andare anche oltre. Infatti “Deathspin” possiede un retrogusto modern metal esaltato dalla produzione di Billy Anderson (Neurosis ma anche Cathedral ed Orange Goblin) e vi fa capolino un controcanto puramente growl della bassista Nila, che a tratti mostra di avere anche scuola strumentale Sabbathiana, mentre “X on Yr hed” e “Meatbuzz” in certi passaggi suonano molto di più come i Pantera che non come i figli del deserto, un segno che dimostra come non sia facile oggi appiccicare etichette e catalogazioni con troppa superficialità. Ho preso ad esempio alcuni brani, ma è l’intero lavoro ad esprimere oltre a soluzioni diverse e valide, groove squassante e grinta mordente. Tre power-girl veramente toste e massicce che possono risultare gradite ad un pubblico ampio ed eterogeneo. Un disco che vale l’ascolto.

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