Quando il mondo dice: "Rinuncia", la speranza sussurra: "Prova ancora una volta".
Parto sempre sospettoso nei confronti degli aforismi provenienti da autori sconosciuti… ma quello appena citato era troppo calzante per lasciarselo sfuggire, anonimo o no.
I presagi erano immancabilmente, implacabilmente infausti:
- “
Chimera” mi aveva inorridito, “
Ordo ad Chao” si era rivelato una cocente delusione ed “
Esoteric Warfare” mi aveva lasciato freddo quanto un cadavere nella neve;
- la volontà di cavalcare in sede
live il classico senza tempo “
De Mysteriis Dom Sathanas” (con risultati peraltro alterni) suggeriva la volontà di adagiarsi sugli allori di un passato glorioso ma ormai remoto;
- il titolo del nuovo
album è di una banalità intollerabile;
- trovo l’
artwork di copertina (opera del nostro
Daniele Valeriani) tanto ben realizzato quanto privo di reale impatto visivo o inventiva…
Eppure…
eppure quando ho letto il nome
Mayhem nell’elenco dei dischi da recensire, un flebile refolo di speranza mi ha solleticato i sensi, convincendomi a conceder loro una nuova
chance.
Buon per me, posto che “
Daemon”, senza indulgere in giri di parole, è bello.
Anzi, mi correggo:
molto bello.
Finalmente si scorge un percorso di maturazione artistica nell’attuale
line-up, che abbraccia la salvifica strategia dell’addizione tramite sottrazione.
L’operazione di complessiva ripulitura, che parte dal
songwriting e si riverbera su struttura dei brani ed arrangiamenti, riesce nell’intento di magnificare i punti forti della band norvegese, rendendo altresì la miscela musicale più fresca, efficace e tagliente.
Con “
Daemon”, dunque, potrete stringere tra le vostre manine bramose un
platter di
black metal asciutto, ben suonato, ispirato nel
riffing e prodotto finalmente come Dio comanda -non credo che Dio c’entri granché in questo caso, ma ci siamo capiti-.
Ciò che più conta, rinverrete nei solchi del dischetto una
tracklist densa, varia eppur ben amalgamata, ricca di qualità e priva di cadute di stile, capace di mantenere vivo l’interesse anche dopo plurimi passaggi nello stereo.
Che si tratti di dissonanti stilettate dal ritmo sostenuto (l’
opener “
The Dying False King”, il gran singolo “
Worthless Abominations Destroyed”), di sulfurei
mid tempo pregni di malignità (“
Agenda Ignis”, “
Aeon Daemonium”) o di lugubri litanie in cui
Attila può dare il meglio (le declamazioni dell'auto-citazionista “
Malum”, il sepolcrale incedere di “
Daemon Spawn” ed “
Invoke the Oath”, forse miglior episodio del lotto), il risultato rimane ottimo. Per quel che mi riguarda, ad un gradino dall’eccellenza assoluta.
Attribuire, infatti, la qualifica di capolavoro a “
Daemon” sarebbe forse eccessivo; al tempo stesso, ci troviamo di fronte ad un notevolissimo passo in avanti rispetto ai precedenti
full, oltre che al miglior disco che i Nostri potessero oggi concepire.
Accantonate dunque gli scetticismi, e lasciate che quel flebile refolo di speranza si tramuti in una gelida, travolgente tormenta proveniente dal Nord: in un anno di grazia per il black metal possiamo gioire una volta di più.
I
Mayhem son tornati.