Diciamoci la verità, che tanto non ci legge nessuno: a volte, anche se molto raramente dato che io vivo di metal, ascoltandolo e scrivendone 18 ore al giorno, la domanda sorge insieme ad un pizzico di sconforto:
"
Ma chi me lo fa fare?"
Perchè spendere il 90% del proprio tempo libero, nonchè bei soldini, ad ascoltare, scrivere, comunicare, postare, informare, rispondere ed ilustrare le proprie argomentazion sugli
Chevalier, sui
Riot City, sugli
Incardine, ma anche su gruppi più "famosi" tipo gli
In Mourning o gli
Insomnium se poi non se li fila nessuno? Tutti a sbavare sull'ultima news di
Hetfield che prende la pacca sulle spalle da
Iommi o su
Ozzy che rimanda il tour con i
Priest al 2032, poi quando i gruppi succitati vengono in Italia fanno 50 presenze, con rarissime eccezioni tipo
Arch Enemy, che da anni hanno un approccio alla musica pari all'impegno di
Giorgio Vanni a scrivere il testo della nuova sigla dei Pokemon, o i grandi vecchi della scena mondiale a cui "
bisogna presenziare", anche se non fanno un disco decente da quando il sottoscritto ancora non aveva la patente.
E allora ogni tanto spunta il diavoletto, vestito ovviamente da
Angus Young con le corna ed il suo completino scolastico, che ti sussurra "
ma che cxxxo te ne frega di metterti al computer e rispondere a 230 mail o di ascoltare il nuovo album dei Vomiturition, vai fuori al pub a farti due birre con in sottofondo la mia Hells Bells che la salute ci guadagna e, ti dirò, se poi lo racconti su Youtube fai comunque più visite di un qualsiasi recap o unboxing".
E 'sta tentazione a volte...mhhh....
MA POI PASSA.Sì che passa, perchè basta una singola persona che mi scriva "
grazie perchè mi hai fatto scoprire gli XXYYZZ" che io sono felice. E sento che ce ne sarà sempre uno a cui dovrò raccontare quanto caspita è bello il nuovo album degli
ATLANTEAN KODEX. Perchè ormai è una costante, tre dischi uno migliore dell'altro, con il loro carisma ma sempre leggermente diversi e con proprie peculiarità, certo non semplicissimi da ascoltare ed assimilare ma mai bislacchi o pretenziosi.
Epici come pochi, con passi spesso appartenenti all'universo del doom ma non propriamente facenti parte di questo movimento, melodie imperiali ed altisonanti: questo quello che ci viene raccontato dai 62 minuti di "
The Course Of Empire", giocoforza un album da ascoltare nella sua interezza, che viaggia tra narrazioni mitologiche e riferimenti letterari, che arriva da ben sei anni di pausa, necessari per la meticolosa costruzione di un'opera simile, con la speranza che venga ascoltato con la giusta attenzione e con la curiosità che merita, senza la "spotify addiction" che porta il fan medio a skippare dopo 15 secondi ed a chiedere dopo due mesi su Facebook alla band "
sì ok, ma il prossimo disco quando esce?"
Sei anni che hanno portato anche all'abbandono dello storico chitarrista solista
Michael Koch, rimpiazzato dalla brava
Coralie Baier, che non fa assolutamente rimpiangere il proprio predecessore, tanto che se non fosse per le foto penseremmo ad un'ottima plastica facciale operata da parte del chitarrista bavarese.
Ma anche sei anni che hanno portato una lieve correzione rispetto al pur immenso "
The White Goddess", con tinte più oscure e pesanti e tempi ulteriormente stabilizzatosi su possenti mid-tempos in cui emerge tutto la drammaticità ed il pathos degli Atlantean Kodex, su cui la voce certo non memorabile ma assolutamente funzionale al risultato di
Markus Becker, conferendo a "The Course Of Empire" un andamento più snello, più asciutto, semplicemente più metal e crudo (anche grazie ad una produzione migliore, più equilibrata, e con la voce mixata meno frontalmente), scevro di ogni altra caratteristica che non sia epico ed altisonante metallo classico ottantiano, nella vena dei primissimi
Manowar, dei
Candlemass, degli inglesi
Solstice e di tutta la corrente romantico-decadente che ha impreziosito quegli anni, un po' come hanno fatto i
While Heaven Wept seppure percorrendo altre strade e con meno costanza.
Questo disco, ma in generale il quintetto teutonico, rappresenta tutto quello che per me la musica rappresentava fino a qualche anno fa: passione, sudore, supremazia, cultura, arte.
Sto cercando proprio voi, amici miei, che ancora non vi siete arresi all'idea della mercificazione del metal, ridotto a prodotto usa e getta da consumare più velocemente possibile per dare spazio a quanti più stream e views possibile: liberatevi dalla plastica e fate risorgere, nel suo piccolo, il VERO METALLO.