Dopo essere stata identificata a lungo come la patria per eccellenza dei difensori della purezza heavy metal, finalmente anche la Germania comincia a tirare fuori qualcosa di meno ortodosso e regolamentare.
Timidi segnali di questo cambiamento si erano già notati negli ultimi tempi, specie in ambito psych-rock, ma ora sembra che stia uscendo alla luce anche il marciume finora tenuto nascosto.
In questo senso uno dei punti di partenza è quello rappresentato dai Gorilla Monsoon, quartetto di Dresda nato nel 2001, che appare intenzionato a diventare la risposta teutonica di gente dal profilo irregolare e malato, tipo Bongzilla, Negative Reaction, Otis, Porn e compagnia. Ambizione nemmeno tanto esagerata, ma che dalle loro parti è sicuramente una piccola ma rivoluzionaria novità.
Inoltre l'inizio è senz'altro buono. Questo primo album ci mostra una band fornita di un tiro bello grezzo e pachidermico, pieno di rallentamenti fangosi e strattoni speed-metal spezzacollo, di oscurità doom e malignità sludge ma anche di massiccio groove heavy stoner da assuefazione istantanea, congegnato in modo da non farci sprofondare nella noia dopo un quarto d'ora.
Archiviata la lunga introduzione strumentale, il brano "Delay priest" è un buon riassunto delle intenzioni del quartetto tedesco. Partenza sparata e muscolare sul genere Corrosion of Conformity, killer-riff, ritmo pulsante, voce astiosa, poi di colpo tutto si trasforma in un tema ultra-slow con echi narcotici e rarefazioni spaziali che odorano di sostanze proibite. Episodio decisamente positivo, ed il resto del lavoro non si discosta molto dal buon modello iniziale.
Gli schemi dei Gorilla Monsoon insistono sugli scambi tra martellamenti a piena potenza e frenate tetre ed allucinate, ad esempio in "Down song" e "Death revolution", con qualche puntata verso le taglienti geometrie del metal modernista, in particolare nella poderosa title-track. Però sono altrettanto abili nel puntare con decisione alle atmosfere paludose e soffocanti già frequentate da Acrimony, Crowbar e soprattutto Down, chiaramente citati in un brano mortifero e malsano come "Final salvation".
Dei Gorilla Monsoon si può dire che senza picchi straordinari hanno messo insieme un disco con i giusti attributi. Neppure troppo derivativo, pur riconoscendo le inevitabili influenze di nicchia descritte prima.
Chi ama le proposte ibride e pesanti, miscuglio di brandelli metal, doom, sludge, stoner e via dicendo, può dare fiducia al gruppo teutonico perchè ha dimostrato di avere mezzi a sufficenza per piazzarsi nei quartieri alti del settore.
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