Ci volevano il magnifico chitarrista/songwriter Magnus Karlsson e la competenza lungimirante del boss della Frontiers Serafino Perugino, per il primo album da "solista" di un vocalist extraordinaire come Tony O'Hora, che qualcuno ricorderà come favoloso interprete di "Forever in time" e, soprattutto, di "Nowhere to hide", due delizie di classe e urgenza melodica straripante per l'istituzione britannica Praying Mantis.
Come già accaduto in parecchi altri casi, non è molto importante se il progetto sia (presumibilmente) nato a tavolino e se si sia potuto realizzare solo grazie alle potenzialità della "rete"; quando il risultato è di questa caratura, tutte le eventuali considerazioni d'ordine "etico" o i dubbi riguardanti la "spontaneità" della collaborazione passano un po' in secondo piano, dacché della temuta artificiosità "geneticamente" insita in questo tipo di produzioni, tra i solchi di "Escape into the sun", non ve n'è la benché minima traccia.
Lo stacanovista svedese Karlsson, dopo i suoi Last Tribe e aver contribuito in modo fondamentale a due delle "all star band" più convincenti della passata stagione (Allen/Lande e Starbreaker), si sobbarca, in questo disco, oltre alla totalità della conduzione musicale dal punto di vista compositivo/esecutivo, anche l'onere della produzione, il tutto amministrato con la solita qualità per tecnica, sentimento ed estro, come se il "superlavoro" al quale si è recentemente sottoposto, invece di inaridire la sua verve creativa, sia stato capace di stimolare ulteriormente una "necessità" comunicativa apparentemente inesauribile, e lascia al titolare dell'opera unicamente la "tranquilla" gestione del microfono, la quale si rivela con risultati da standing ovation, sviluppata con energia, trasporto emotivo e formidabile "colore" nelle tonalità vocali.
L'heavy melodico, il classico pomp albionico e qualche sprazzo d'autentico AOR contenuti nel disco, riportano la mente all'epoca aurea dei Magnum, agli stessi Praying Mantis del già citato "Nowhere to hide", addirittura ai meno fortunati Grand Prix e poi anche alla cooperazione tra Magnus e Tony Harnell negli Starbreaker, con la realizzazione di canzoni melodicamente rigogliose ma sempre incisive, in una parola intense, sintetizzando in questo termine la capacità di emozionare senza trascurare la forza delle elaborazioni strumentali.
L'affresco sublime denominato "Broken soul", lo spirito "adulto" della commovente "Escape into the sun", "No more innocence" e il suo clima glorioso che sa "compiacere" e "offendere" allo stesso tempo, la vivace e catalizzante melodia di "High enough", i raid chitarristici che illuminano d'elettricità la soffusa "My final prayer", la drammaticità estetizzante di "More than we now", la splendida "Close to me" (dove O'Hora sembra quasi voler sfidare il suo esimio collega Jorn Lande senza peraltro uscirne minimamente sconfitto) e ancora la magniloquenza di "Start all over", sono le vette di una "catena montuosa" che può contare su svariati rilievi imponenti, la cui scalata si compie senza alcuna fatica e che anzi consente di beneficiare di quell'aria rarefatta che solo certe altitudini artistiche consentono di respirare.
Chi ha apprezzato i gruppi summenzionati non dovrebbe lasciarsi scappare nemmeno questo "Escape into the sun"; un disco che è un vero toccasana per la mente e un eccellente dissetante per l'anima.
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