Una volta tanto m'imbatto in una formazione germanica per nulla seriosa e rigidamente ligia a qualche regolare corrente heavy, anzi in fatto di stravaganza e bizzarria i berlinesi Mad Sin non hanno molto da imparare. Sebbene il loro nome sia praticamente sconosciuto, specie qui da noi, si tratta di veterani di lungo corso della piccola scena psychobilly e vantano una più che onorevole carriera partita alla fine degli anni '80, un percorso quasi ventennale costellato in parti uguali tanto di eccessi quanto di successi.
Inoltre si deve riconoscere loro una formidabile tenacia, grazie alla quale sono riusciti a sopravvivere tutto questo tempo in una nazione che non è certo il terreno più fertile per una proposta anomala come quella dei Mad Sin.
Parliamo infatti della goliardica miscela di punk d'annata e di ancor più antico rockabilly, con spruzzate a piacere di swing, ska, country e perfino echi di colonne sonore cinematografiche. Tali premesse chiariscono che ci troviamo in un ambito assai lontano da quelli solitamente trattati nel nostro sito, una proposta che si rivolge con precisione ad una ristretta nicchia di appassionati.
L'album è composto da una ventina di brani, tutti praticamente sviluppati entro i canonici tre minuti. Canzoni vivaci, svelte e compatte, pervase dalla godereccia atmosfera a metà tra il bullismo casalingo dei teddy-boys impomatati e le nevrosi sconvolte e frenetiche dei nostri giorni.
Un'immagine un po'forzata che descriva il sound dei Mad Sin è quella di una jam ubriaca tra Brian Setzer ed i Clash, con interventi altrettanto sbronzi di personaggi come Willie Nelson, i Turbonegro o scampoli delle soundtracks di Moricone. Uno strambo frullato, che guardato con la giusta ottica assolve però il suo compito. Superato un certo spiazzamento iniziale è difficile non farsi coinvolgere dalla formidabile fisicità danzereccia, dai ritmi selvaggi, dalla divertente indole casinista, dall'ironia grossolana dei doppisensi a sfondo sessuale, da tutto quello che è l'obbiettivo dei Mad Sin.
Difficile individuare episodi più significativi, tutte le canzoni si muovono sulle medesime coordinate ma l'energia anfetaminica scaccia ogni pericolo di monotonia, così l'album scorre veloce fino alla fine senza mai annoiare.
Se avete confidenza con questo stile particolare, "Dead moon's calling" vi darà soddisfazione perché nel suo genere è un lavoro pienamente riuscito.
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