Gli americani
Vukari, seppur al terzo album in carriera, sono per lo più degli sconosciuti alla stragrande maggioranza del pubblico metal … perché? Semplicemente perché nell’era della plastificazione totale della musica, della trasformazione dell’arte nell’ennesimo prodotto “usa e getta” (i files digitali sono quanto di più vicino al concetto di nullità artistica) capita che la qualità sia sommersa dalla quotidiana immondizia che le nostre orecchie sono costrette a sorbirsi … Per fortuna questo stupendo
“Aevum” non rimarrà nell’oblio e spero che qualcuno tra di voi gli dedicherà la giusta attenzione e lo terrà in considerazione tra i propri acquisti … Cos’ha di così speciale il terzetto dell’Illinois è facile a dirsi, ha il senso dell’arte che gli fluisce nelle vene e che si materializza attraverso le loro dita per proporci una sorta di progressive black metal che più puro, cristallino e di classe non si può. Gli otto brani sono un susseguirsi di emozioni e sussulti in chiaroscuro, in cui la struttura basilare del black metal d’assalto viene mitigata da una presenza melodica costante e accattivante, capace di marchiare ogni brano e di impregnare il tessuto più estremo rendendolo così più accessibile, ma non per questo scontato o peggio sputtanato. Le tastiere, ad opera del polistrumentista
Marek Cimochowicz, sanno essere evocative e sognanti quel che basta per far si che i brani escano rinforzati, rinvigoriti e completati nella loro stupenda bellezza. I solos, sempre puliti e melodici, donano una sfumatura ancor più sofisticata, ma non spocchiosa, alla musica dei tre, dimostrando che quando il “virtuosismo” è messo disposizione del pezzo e non viceversa, può essere un ottimo plus. I 55 minuti dell’album scorrono via veloci, piacevoli e pregni di emozioni, facendo affiorare anche qualche influenza post-black metal (
“Curiosity And Obsession” a tal proposito è un bel tributo ai
GhostBath) ,ma anche in questo caso la band sa essere coinvolgente e convincente, pur addentrandosi in territori già ampiamente battuti. Per quelli che non credono alla bellezza di quest’album e allo stesso tempo non hanno troppo tempo per immergersi nell’ascolto, consiglio vivamente di iniziare dal fondo … infatti gli 11 spettacolari minuti della conclusiva
“Vacating Existence (The Final Departure)” vi faranno innamorare al primo ascolto di quest’album, soddisfacendo in pieno vostro animo estremo, grazie ad un lavoro raffinato, sognante ma “pericoloso” come un’abbondante e soffice nevicata che ci sorprende raminghi in un bosco … Ennesima gradita sorpresa di un movimento “estremo” che non cede di un millimetro in qualità
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