Cosa si può chiedere al lavoro solista di un grande cantante, che contribuisce da sempre a caratterizzare la florida parabola artistica di una grande
band?
Beh, innanzi tutto che sia degno della nobile “storia” del suo autore e poi magari che offra qualcosa di leggermente diverso da quanto proposto dal suddetto al timone della “navicella madre”, in modo da non apparire solo come un futile pleonasmo espressivo, autoreferenziale e indirizzato esclusivamente a
fans irriducibili e completisti.
In quest’ottica possiamo tranquillamente affermare che “
Ten”, decimo (
oibò …) albo senza gli Stryper di
Michael Sweet, è sicuramente all’altezza della situazione, ma anche che non si discosta molto da quanto esposto, soprattutto negli ultimi anni, dalla formazione
christian - metal per antonomasia.
La presenza di alcuni ospiti apparentemente abbastanza lontani dalla sensibilità del nostro (vedasi
Marzi Montazeri, collaboratore di Exhorder e Philip H. Anselmo & The Illegals) non “snatura” il
sound di un disco che si rivolge agli estimatori degli Stryper meno edulcorati, a cui si aggregano quelli di
Ozzy, Judas Priest,
Dio e
Malmsteen.
Nulla di male, in realtà, perché le composizioni sono tutte piuttosto ben congeniate, corpose e melodiche, nobilitate da
performance strumentali di livello e da interpretazioni vocali di elevata qualità, per un programma che non trasmette mai la fastidiosa sensazione del semplice “riempitivo”.
“
Better part of me”, fregiata da un
Jeff Loomis (Arch Enemy, Nevermore) sulla scia di
Jake E. Lee e
George Lynch, è una tagliente
opener di notevole impatto e anche la successiva “
Lay it down”, dal clima armonico inasprito e vagamente “attualizzato”, esplode in un coro di sicura “presa” emozionale.
Tocca a
Howie Simon (Alcatrazz, Jeff Scott Soto, Talisman, …) sostenere l’ottimo
Sweet nelle cadenze lievemente abuliche di “
Forget, forgive”, mentre con la chitarra di
Gus G (Firewind,
Ozzy Osbourne, Dream Evil, …) le atmosfere si fanno più epiche ed evocative, assai congeniali alla voce dei
soldiers under command.
Le spire ipnotiche della
title-track offrono una diversione interessante, che rientra subito sui binari del trademark Stryper-
iano con “
Shine” (
featuring Ethan Brosh) e con la ballata (dai contorni un po’ stucchevoli, invero) “
Let it be love”.
I brani realizzati assieme a
Joel Hoekstra (Whitesnake, Night Ranger), “
Never alone” e “
When love is hated”, sono avvincenti frammenti di sofisticato
hard n’ heavy ottantiano e se “
Ricochet” aggiunge, grazie al contributo di
Tracii Guns, un pizzico di
feeling “randagio” all’impasto sonico dell’opera, “
With you till the end” (con due membri dei Firstbourne) e “
Son of man” (con
Todd La Torre, noto per essere il
vocalist di un’accreditata ...
ehm, “
tribute-band” dei Queensryche, e un funambolico
Andy James) riprendono con gusto le trame dell’
HM enfatico e mitologico.
Pur nella latitanza di “veri” stimoli creativi inediti,
Michael Sweet si conferma un artista ispirato, competente e integro, che con “
Ten” aggiunge un altro pregevole tassello al suo ricco e blasonato
curriculum.