Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2019
Durata:42 min.
Etichetta:Nuclear Blast Records

Tracklist

  1. THE RISING HORDE
  2. PHANTOMS
  3. NOCTURNAL VERMIN
  4. SEVEN CROWNS
  5. THRONE OF DISGRACE
  6. CARVED INTO THE SKIN
  7. PARASITE
  8. INIQUITOUS RAGE
  9. PLAGUE NATION
  10. ENEMIES OF GOD
  11. SCORN OF THE FATHER
  12. ABANDON ALL FAITH

Line up

  • Greg Mackintosh: vocals, guitars
  • Chris Casket: bass
  • Waltteri Väyrynen: drums

Voto medio utenti

Gli strigoi nel folklore romeno, non sono vampiri anche se appartengono anch’essi al folklore rumeno, sono persone vive maledette con un potere maligno in grado di fare del male e prosperare in esso.
Ma questo duo, è britannico e per tradizione l’Inghilterra è la culla del gotico letterario; questa band nasce dalle ceneri del bravi Vallenfyre di Greg Mackintosh, chitarrista dei Paradise Lost.
Il buon Greg ha “vampirizzato” la vecchia incarnazione, ma conservandone lo spirito selvaggio, irruento e nichilista.
Qui non troverete l’emotività rabbiosa e malinconica della band madre del buon chitarrista inglese, ma tanto death metal fosco e malsano.
Dopo l’introduzione inquietante, rumoristica e apocalittica “The rising horde”, ecco che veniamo investiti dal flusso maligno e corrotto del brano “Phantoms”.
Brano dalle chitarre livide e con attacchi in blast beats veloci e possenti, le vocals sono profonde e cavernose e con rallentamenti improvvisi; il brano è aggressivo e non fa prigionieri.
Nocturnal vermin”, sembra avanzare lentamente come un cadavere semovente, ma è solo un’impressione, perché ecco l’attacco puro di violenza, grezza e distruttiva.
Il death metal qui si fonde col grind in un up tempo nervoso con blast beats e tempi lenti e soffocanti; le chitarre grattano la carne che è un piacere.
Carved into the skin” sembra una versione più incattivita dei Black Sabbath con quei riffing plumbei e il mood oppressivo della canzone.
Brano lento, che sembra soffocare, l’interpretazione vocale è cavernosa e nonostante tutto ricca di pathos, la chitarra ha riffing catacombali di chiara scuola doom/death metal.
Plague nation” ha un attacco quasi black metal con quel tremolo maligno seguito dal blast beat, ma poi ecco che diventa un sozzo, e serrato death metal nero come la pece.
Qui non si trova emozione più violenta del chaos nichilista, rabbioso e determinato dei nostri.
La titletrack è la pietra tombale di questo album per così dire, un grande brano doom/death metal.
I riffing lunghi, lenti e oppressivi, il drumming elefantiaco e il growl che sembra provenire dalle viscere della terra sembrano comunicare disfacimento e corrosione.
Qui il quadro è fosco, solenne e senza speranza alcuna; i nostri non portano disperazione, ma un giudizio impietoso e inderogabile, la morte è l’unica scelta.
Un disco pesantissimo, anche emotivamente, che riprende e amplifica quello che la precedente creazione di Mackintosh era, ma dotandola di una violenza ed efferatezza sonora ancora più distruttiva.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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