Gli strigoi nel folklore romeno, non sono vampiri anche se appartengono anch’essi al folklore rumeno, sono persone vive maledette con un potere maligno in grado di fare del male e prosperare in esso.
Ma questo duo, è britannico e per tradizione l’Inghilterra è la culla del gotico letterario; questa band nasce dalle ceneri del bravi
Vallenfyre di
Greg Mackintosh, chitarrista dei
Paradise Lost.
Il buon
Greg ha “vampirizzato” la vecchia incarnazione, ma conservandone lo spirito selvaggio, irruento e nichilista.
Qui non troverete l’emotività rabbiosa e malinconica della band madre del buon chitarrista inglese, ma tanto death metal fosco e malsano.
Dopo l’introduzione inquietante, rumoristica e apocalittica “
The rising horde”, ecco che veniamo investiti dal flusso maligno e corrotto del brano “
Phantoms”.
Brano dalle chitarre livide e con attacchi in blast beats veloci e possenti, le vocals sono profonde e cavernose e con rallentamenti improvvisi; il brano è aggressivo e non fa prigionieri.
“
Nocturnal vermin”, sembra avanzare lentamente come un cadavere semovente, ma è solo un’impressione, perché ecco l’attacco puro di violenza, grezza e distruttiva.
Il death metal qui si fonde col grind in un up tempo nervoso con blast beats e tempi lenti e soffocanti; le chitarre grattano la carne che è un piacere.
“
Carved into the skin” sembra una versione più incattivita dei
Black Sabbath con quei riffing plumbei e il mood oppressivo della canzone.
Brano lento, che sembra soffocare, l’interpretazione vocale è cavernosa e nonostante tutto ricca di pathos, la chitarra ha riffing catacombali di chiara scuola doom/death metal.
“
Plague nation” ha un attacco quasi black metal con quel tremolo maligno seguito dal blast beat, ma poi ecco che diventa un sozzo, e serrato death metal nero come la pece.
Qui non si trova emozione più violenta del chaos nichilista, rabbioso e determinato dei nostri.
La titletrack è la pietra tombale di questo album per così dire, un grande brano doom/death metal.
I riffing lunghi, lenti e oppressivi, il drumming elefantiaco e il growl che sembra provenire dalle viscere della terra sembrano comunicare disfacimento e corrosione.
Qui il quadro è fosco, solenne e senza speranza alcuna; i nostri non portano disperazione, ma un giudizio impietoso e inderogabile, la morte è l’unica scelta.
Un disco pesantissimo, anche emotivamente, che riprende e amplifica quello che la precedente creazione di
Mackintosh era, ma dotandola di una violenza ed efferatezza sonora ancora più distruttiva.
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