Primo album solista per il tastierista e compositore paraguayano
Adrian Benegas, già all'opera con vari altri progetti come i
Tragul o gli
Abracadabra.
Per l'occasione il giovane sudamericano ha messo in piedi una vera a proprio metal opera, affidando i suoi pezzi a cantanti di primo ordine della scena power metal internazionale.
Apre il disco la cadenzata Servants of the Death, impreziosita dall'ugola di Ralf Scheepers (
Primal Fear).
Subito appare chiara la professionalità del progetto, con una buona produzione e un songwriting discreto, molto debitore dei
Rhapsodypiù sinfonici. Infatti la tastiera del buon Benegas risulta sempre in primo piano (anche troppo a volte), mettendo un po' in secondo piano le chitarre, che svolgono il loro compitino senza particolari sussulti.
Vero mattatore del disco è Herbie Langhans, conosciuto per le comparse con gli
Avantasia, ma cantante di tutto rispetto in altre numerose band (
Seventh Avenue, Sinbreed, Radiant) presente su 6 pezzi del disco.
Il cantante tedesco mostra tutta la sua versatilità rendendo interessanti dei pezzi musicalmente abbastanza lineari, e dando vita a duetti avvincenti con l'altro tedesco
Henning Basse. Sono questi intrecci vocali la parte più riuscita del disco, con canzoni come
Face to Face o
Inferno che risultano gradevoli e vincenti.
Tallone d'achille del disco sono i pezzi più lenti, che spezzano un po' il ritmo e sono francamente trascurabili, come
A Change of Heart.
In definitiva si tratta di un prodotto non originale, ma genuino. Appare evidente la passione e il forte investimento dietro questo progetto, in cui la tedesca
Pride & Joy Records sembra, giustamente, credere.
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