Non v'è dubbio alcuno che il precedente EP "
Dead Nation Army" mi avesse rassicurato non poco, sia sulla direzione intrapresa dalla band, rientrata sui binari del thrash classico dopo la sperimentazione modern-groove di "
Whatever Comes" del 2012, sia riguarda la qualità di questa "reunion" che ha portato gli
Enemynside nuovamente sui livelli che conoscevo ma che andavano confermati sulla lunga distanza.
Supportati in questo dall'accordo con la brava
Rockshots Records, il quartetto capitolino pubblica il suo quarto album "
Chaos Machine" e ratifica quanto era già emerso ad inizio 2018, con un lavoro maturo, energico, non troppo retro' dal sapore nostalgico ma nemmeno lontanamente accostabile a quel prefisso "modern" che spesso nelle descrizioni delle agenzie e delle etichette è sinonimo di porcata, anche grazie all'ottima produzione ottenuta nei
16th Cellar Studios.
Il thrash metal dei nostri è equilibrato e roccioso, poggiandosi sull'efficacia di ritmiche sempre trascinanti, cori urbani "da fomento" ed ovviamente la voce di
Francesco Cremisini, avvolgente, profonda e "cantata", lontana Deo Gratias da urlatori vari o growler che dovrebbero rivolgere in caso le loro attenzioni al death metal.
"
Deadline" è una mazzata in pieno stile old bay area, ma in generale tutto l'album ruota intorno a quelle sonorità, sempre attento alle linee melodiche ma tenendo alto l'impatto e l'energia, come nel singolo scelto anche per il video "
Frozen Prison Cell", anche se si capisce sin dall'iniziale "
Faceless" che ci troviamo di fronte a 35 minuti di un'intensità rara, 35 minuti che stanno girando ininterrottamente da settimana nei miei lettori, mentre guido, mentre leggo, mentre lavoro...e soprattutto mentre sto di fronte allo stereo a gustarmelo a volume giusto, scapocciando e gasandomi come accade da che ho 16 anni e questi ragazzi si chiamavano ancora
Scapegoat.
Da segnalare, tra i migliori episodi, la ritmata "
Suffered Defeat" e l'aggressiva "
No God in Kolyma", posta in chiusura del disco prima del delicato outro finale "
Devoured", ispirata all'opera "
Racconti della Kolyma" di
Varlam Salamov, a cui si ispira anche la sopracitata "Frozen Prison Cell".
Obbligatorio per tutti gli amanti del thrash che non hanno mai smesso di essere innamorati di questa meravigliosa ala estrema del metal.
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